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Mindhunter: a caccia di serial killer dal libro alla serie

Mindhunter è una serie TV del 2017 prodotta da Netflix e basata sul libro Mindhunter: La storia vera del primo cacciatore di serial killer americano. Un libro che racconta le reali esperienze di John Douglas che si occupava, in quanto agente dell’FBI, di analizzare e tracciare il profilo della figura del serial killer. Ed è proprio di questo che si occupa anche la serie tv, che vede come protagonista Holden Ford, aiutato nelle sue ricerche dal collega Bill Tench e dalla professoressa e psicologa Wendy Carr.

I serial killer

Ha così inizio lo studio della psicologia del criminale. Attraverso delle interviste fatte direttamente ai serial killer che erano già stati incarcerati. Attraverso il racconto dei loro crimini, ma anche delle loro vite e dei loro pensieri. Così i criminali cominciano a fornire un profilo sempre più definito dell’assassino seriale, che va a delinearsi in modo sempre più definito durante gli episodi.

Se all’inizio della serie vediamo Holden e Bill ancora incapaci di risalire all’assassino di una donna e del suo bambino, li vediamo poi risolvere dei casi abbastanza complessi, aiutando la polizia del luogo e avvalorando così le loro tesi.

Correnti psicologiche

In Mindhunter spicca inoltre la psicologia freudiana: il rapporto madre-figlio influisce sulla formazione di una personalità disturbata. Notiamo infatti come le vittime siano donne, giovani o anziane, ma che in ogni caso vengono collegate, nella testa degli assassini, alle loro madri.
Un personaggio che ritengo molto interessante è quello di Holden. Inizialmente ingenuo e quasi intimorito dall’idea di cominciare questo studio, lo vediamo prendere sempre maggiore coraggio. Grazie alla relazione con Debbie che gli dà l’incipit per cominciare questo suo nuovo percorso, arrivando quasi a non essere più la stessa persona che era all’inizio.
Quello che mi è inoltre piaciuto, è lo spessore dei personaggi femminili, che personalmente ho trovato molto forti. Wendy in particolare, che non ha timore di affrontare questa nuova avventura da sola. Si trasferisce in una nuova città in cui nessuno la conosce, abbandonando il proprio lavoro nonostante fosse ad un passo dall’ottenere la cattedra universitaria.

Molte scene sono state capaci di creare suspance, rendendo il tutto molto avvincente e intrigante. In alcuni momenti mi aspettavo succedessero “cose”, o almeno così faceva presagire l’inquadratura o l’impostazione generale della scena, e invece alla fine non accadeva nulla. Al contrario, in altre il crescendo era talmente rapido (ma comunque definito), da lasciarmi spiazzata.

Ho trovato certe parti molto cruente, per esempio le descrizioni dei vari omicidi o le foto che venivano mostrate delle scene del crimine, dopo solo un paio di puntate ero infatti intenzionata ad abbandonare la serie, ma ho resistito, e posso ritenermi soddisfatta della mia scelta.

Voi, invece, l’avete già guardata? Sicuramente non si può definire “leggera”, ma se non vi dà fastidio un po’ di violenza ve la consiglio sicuramente!

 

– Eleven’s Eggo

thenerd

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