Bluish
Aveva imparato a distinguere i diversi tipi di ecchimosi: quelle psicologiche e quelle fisiche. Dopotutto, aveva intrapreso la facoltà di medicina proprio per quello. Era il colore, la forma a guidarla in quell’interpretazione che sapeva essere giusta. Ci sono diversi tipi di lividi e lo aveva imparato a sue spese. Ci sono quelli dell’amore, quelli della passione, quelli della violenza e… quelli, talmente chiari – da essere quasi invisibili – che trattavano le ferite dell’anima. Oh, aveva dovuto dare quell’esame almeno quattro volte. E, forse, era stata la decisione più saggia nella sua vita.
“Amore è violetto come una primula appena sbocciata.
Passione è scuro, quasi grigio.
Violenza è bordeaux, come il sangue raggrumato.
Anima è roseo come la pelle.”
Com’era stato difficile all’inizio riconoscere le ferite dell’anima! Poi le era bastato il tirocinio con la psicologia colorista Ailke Klein, con la sua pronuncia molto impostata e rigida e dal sorriso dolce e disponibile. Appena era entrata nel suo ufficio aveva notato un quadro dalle tonalità bluastre, violette, rossicce. Il viola era utilizzato moltissimo in quel campo e – forse – la dottoressa ne era rimasta affascinata, legata. Insomma, più che affezionata. Era come una componente, una figura essenziale nella sua vita. Senza di esso, non esisteva nemmeno il loro lavoro. Anni di pubblicazioni, di studi… la dottoressa Klein non avrebbe nemmeno più uno scopo e la sua fama non l’avrebbe mai preceduta ad ogni seduta. Oltre al quadro aveva notato le spruzzatine di lilla qua e là sulle pareti, ma il soffito rigorosamente cianotico. Una luce abbagliante era appesa al soffitto. Era una luce gialla al neon. Lei si chiese se non fosse sotto processo. Beh, in fin dei conti se avesse passato quella selezione non avrebbe potuto esercitare. L’aveva fatta spogliare e l’aveva guardata davanti allo specchio. Aveva sorriso maliziosamente vedendo le ecchimosi della passione e lei era arrossita. Poi era stato il momento dell’amore e Lei le aveva sorriso. “Sembrano baci, non trovi?” aveva detto a bassa voce Ailke.
Aveva sorriso. Erano vecchi però. Così vecchi che quella lei sembrava non esserci più.
Come se avesse fatto la muta.
Ailke si era fatta seria vedendo del bordeaux sul gomito, ma Lei aveva semplicemente risposto “spigoli” e Lei si era improvvisamente rasserenata. Infine, Ailke l’aveva guardata intensamente negli occhi e le aveva detto: “Hai il corpo costellato di ferite dell’anima”.
Non c’erano state altre parole da parte della dottoressa, semplicemente lei aveva risposto che era la prima volta che riusciva a notarle davvero. Come se avesse avuto la vista come dono per la prima volta. Ognuna di quelle ferite era un ricordo brutto, una lacrima non versata, un silenzio imposto.
“Stasera verrà al concerto di Wagner? Suonerà sott’acqua! Come sai è il suo primo concerto dal vivo e riportarlo in vita non è stato affatto facile!” esclamò la psicologa.
Annuì. “Certamente.”
“E che colore indosserà?”
“Lei?”
“Bordeaux” sussurrò, senza sollevare gli occhi dalla sua cartella bianca che aveva tra le mani.
Lei cominciò a rivestirsi pian piano, mentre la dottoressa si sedeva dietro la sua scrivania lilla. Impilò alcuni documenti dalla carta bianca, così chiara che Lei pensò di rimanerne accecata e posò lo sguardo sula paziente che rimase qualche istante a riflettere e poi chiuse gli occhi. “Viola” disse.