I sedici
Altro estratto che racconta un possibile incontro tra Dean e Agoroth, è probabile che verrà modificato nuovamente nel racconto finale.
Buona Lettura.
Erano ormai passati più di venti anni da quando il possente Leone Bianco aveva deposto il suo martello per dedicarsi ad una vita d’esilio sulle montagne dell’ Orso. La morte dei suoi compagni durante la guerra tra piani per mano di sua madre l’aveva spinto a dubitare di se stesso, di dubitare per ciò in cui aveva combattuto. Non era riuscito a salvare i propri fratelli in armi, tutta la sua forza non era bastata a fermare le orde di demoni che giungevano, le sue braccia non avevano retto il peso di quel male enorme, Agoroth aveva fallito. I suoi amici avevano sacrificato le loro anime per chiudere il portale perché l’esercito maledetto non era stato fermato, Agoroth sentiva sua la responsabilità di ogni morto ma nessuna pesava come quella dei suoi due compagni, nemmeno i corpi erano rimasti per concedere una degna sepoltura a quei due grandi eroi. Nonostante la vittoria del nostro piano Agoroth non aveva festeggiato, nonostante tutti lo acclamassero come il Leone Sopravvissuto, come l’eroe, lui non sentiva emozioni positive ma solo le urla dei suoi due amici. Si era ritirato sui monti per stare solo, lontano da quella società che aveva protetto.
Nonostante la vittoria il male non si era estinto, si era solo fatto più piccolo e più scaltro. Si era insinuato nella società tramite i meccanismi stessi della società: la politica, la propaganda, la burocrazia, la leggerezza delle persone, il finto perbenismo, la religione, il desiderio di arricchirsi. Era un mondo peggiore, era il nostro mondo. Fortunatamente non tutte le anime che popolavano il mondo erano marce e fu così che in un piccolo regno, in cui il “Vero Male” non si era ancora instaurato, un re molto saggio, chiamato Delfino, decise di riunire un manipolo dei suoi migliori uomini per andare alla ricerca del Leone ormai scomparso dalla circolazione. In questo manipolo di uomini ero presente anche io, non rivelerò la mia identità per proteggere le persone che amo ma sappiate che ciò che state leggendo sono i miei ultimi scritti.
Partimmo il Quarto giorno del Mese del Sole, era una giornata calda, diversa da quelle che, ormai da un mese, il tempo ci aveva abituato. Prendemmo il Sole come un segno di buon auspicio; mai previsione fu più errata. Eravamo i sedici migliori del reame ma nessuno di noi era preparato a ciò che ci aspettava. Le montagne erano a cinque giorni di marcia veloce, poi avremmo dovuto trovare Lui, era un impresa impossibile e noi tutti lo sapevamo bene.
Agoroth viveva in una piccola casa intagliata nella montagna, poco sotto la cima del monte del Letargo, chiamato così poiché la leggenda narrava che: “chiunque si addormentasse si sarebbe ibernato e sarebbe caduto in un letargo eterno.” Agoroth era il primo ad essere sopravvissuto su quel monte,sempre stando alle leggende del popolo, noi non potevamo averne la certezza ma lo speravamo, avevamo bisogno di lui. Lui era molto di più che un poderoso combattente, lui era un simbolo, lui era la forza della purezza d’animo perché dietro ad ogni suo modo rozzo e barbarico si nascondeva una gentilezza ed un senso di giustizia quasi infinito. Quel Leonide aveva qualcosa dentro, una forza che lo spingeva ad essere onesto a costo di farsi del male, aveva fatto scelte difficili ed aveva dovuto pagare molto ma alla fine era riuscito a fare la cosa giusta. All’epoca lo conoscevo poco, non avevo mai avuto l’onore della sua compagnia, solo le storie che venivano narrate intorno al fuoco dai capi squadra per motivare i novellini ad arruolarsi o a fare il primo turno di guardia.
Il viaggio fino ai piedi della montagna del Letargo fu tranquillo e privo di imprevisti, tutti avevano svolto il proprio compito ma all’ombra di quella montagna sentivamo il sangue raggelare, dubitavamo di riuscire ad arrivare al nostro obiettivo. Alcuni dei nostri fuggirono la notte prima di scalare la montagna, allora rimanemmo in undici. Iniziammo la scalata non senza incontrare fatica, due di noi morirono per uno strano incidente e caddero in un profondo crepaccio, allora rimanemmo in nove. Quasi metà dei componenti era dispersa o morta, il morale era bassissimo e dovevamo ancora affrontare la notte. Accendemmo grandi fuochi per restare al caldo, ma la montagna si prese comunque uno di noi, allora rimanemmo in otto. Avevamo davanti a noi almeno due giorni di marcia, la montagna reclamava il nostro sonno, ma non potevamo fermarci a riposare ancora, il nostro obiettivo era chiaro e durante la seconda notte, dopo una intera giornata di marcia veloce, vedemmo un leggero bagliore che proveniva dalla vetta. Quella luce scaldo i nostri animi e ci facemmo coraggio a vicenda ma la montagna prese altri tre di noi, allora rimanemmo in cinque. Durante il terzo giorno di marcia, senza cibo e con le scorte d’acqua congelate, avanzavamo lentamente ormai certi del nostro fallimento e della nostra morte. Ma al peggio non esiste e non esisterà mai fine, infatti un branco di strane creature simile a Orsi Mannari ci tese un’imboscata. Verso la vetta, a Nord, ci sbarravano la strada quelle orride creature, mentre ad Est un crepaccio profondo ci avrebbe inghiottito. Le uniche vie di fuga restavano ad Ovest ed a Sud. Eravamo in cinque, eravamo a pezzi, il nostro più grande errore fu di dividerci. Due corsero a Sud, nella speranza di trovare riparo a valle, uno si buttò nel crepaccio per la disperazione mentre io ed il mio ultimo compagno corremmo ad Ovest in un fitto bosco. Le piante erano tutte completamente gelate, i rami tagliavano il viso provocandoti profonde lacerazioni e perdite di sangue che quasi immediatamente raggelava, era la foresta degli Inferi Gelati. I nostri aggressori si addentrarono per un po’ nella foresta ma dopo poche centinaia di metri sembrava essere scomparsi inghiottiti dalla foresta stessa.
Camminammo tutta notte verso Nord nella speranza di incontrare quel maledetto Leone, le forze ci abbandonarono ed io caddi svenuto nella neve, prima che i miei occhi si chiusero vidi il mio compagno voltarsi venire verso di me correndo ma dietro di lui una grande figura si avvicinava a lui. Al mio risveglio mi ritrovai in un letto di paglia, un fuoco alla mia sinistra ed un soffitto di pietra levigata, era forse morto? Era questo il letargo della montagna? Un picchiettio di metallo attrasse la mia attenzione e feci per alzarmi, un forte dolore mi percorse tutto il corpo, era come se mille spine roventi mi avvolgevano. Una grande figura si chinò su di me e mi disse con voce profonda e calda: “Mi spiace giovane avventuriero ma non sono in grado di salvarti, sono arrivato troppo tardi ma ti prometto che tratterò il tuo corpo con estrema cura e rispetto.”
Era lui, era Agoroth, come non poteva salvarmi? Tentai di parlare ma non un suono uscì dalla mia bocca. Guardai intorno spaventato per cercare confronto ed incontrai lo sguardo del mio compagno, Dean. Gli feci cenno di avvicinarsi e gli feci capire di leggermi la mente e di scrivere tutto ciò che voi ora avete letto, gli ho chiesto di tenere un diario delle sue imprese e di raccontare tutto alla mia famiglia. Altro non so. Eravamo partiti in sedici e ne è rimasto solo uno, io forse ho fallito la mia missione ma tu Dean, tu forse no. Eravamo in sedici ed è rimasto solo Dean.
Estratto da: ” Storie di Racconti Fantastici”
Il Nabbo della porta accanto!