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The Martian: La più umana delle paure

Discutere su quanto sia accurato scientificamente questo film, non è l’obiettivo del mio intervento. Ridley Scott si è attorniato di persone di certo più competenti di me per giudicare questo punto e le sue scelte.
Andando proprio oltre questo aspetto, c’è un punto che mi preme chiarire. Le materie scientifiche, specialmente in Italia, fanno paura. La matematica, nello specifico, ha tutto un linguaggio che, già di per sé, allontana il pubblico. Non sto dicendo che sia semplice ma nemmeno che sia così impossibile. È il terrore dalle elementari eppure in quel caso è ancora molto basilare. Questo film è un buon punto di partenza per capire a cosa servono concretamente certe materie e magari invogliare delle persone ad amare quello che fanno (magari non pensando solo al guadagno facile che si potrebbe ricavare facendo un certo tipo di facoltà).
Un altro punto del film che mi piace è questo desiderio di non arrendersi. La sopravvivenza è un istinto tipico che permette all’uomo di ingegnarsi e adattarsi nei casi più disperati. L’atmosfera, per quanto drammatica, non è mai asfissiante. Sono stati ben calibrati i momenti che fanno sorridere, spesso si ricollegano ai suoi monologhi alla telecamera.
È un film che, a mio parere, vuole dare fiducia nell’umanità e nelle mille risorse delle persone. Del singolo (Mark Watney) ma anche dell’intero gruppo che lo assiste, fino a inglobare tutta l’umanità. Penso sia un messaggio che serva per ricordarci, come abitanti del mondo, che tutti possiamo farcela, soprattutto se uniti nei nostri obiettivi. Fino a quando tutto sono disuniti e discorsi, le possibilità di salvare Mark sono bassissime.

Il film è lungo ma l’ho trovato piacevole da guardare. Magari subito dopo la parte iniziale, almeno sulla Terra, è stata la parte che più ho faticato a vedere, per il resto direi che tutto il film è scivolato come l’olio.


Ms Raynor ha già fatto una notevole introduzione al film e a me non resta che dirvi qualche curiosità e dettaglio tecnico.
The Martian è il trattamento del romanzo fantascientifico pubblicato nel 2015 L’uomo di Marte (The Martian) di Andy Weir.

The Martian

Mark Watney è un ingegnere meccanico e botanico della missione Ares 3, la terza missione a portare l’uomo su Marte. A causa di un incidente in cui viene creduto morto, viene abbandonato per errore sulla superficie rossa: Labase della missione, situata nella Acidalia Planitia, viene colpita da una violenta tempesta di sabbia che supera i limiti di velocità oraria sopportabili dal MAV (Mars Ascending Vehicle):il veicolo che ha lo scopo di portare in orbita marziana l’equipaggio. Per non rischiare la loro vita decidono di abbandonare Marte. Mark Watney è svenuto e viene risvegliato dall’allarme di decompressione della sua tuta: l’uomo è incredibilmente sopravvissuto dalla ferita – causata un’antenna sganciatasi a causa della violenza della tempesta – perché il sangue della ferita, coagulando rapidamente nell’atmosfera rarefatta di Marte, ha sigillato lo strappo della tuta. L’astronauta è solo e può contare solamente su stesso e sulle sue conoscenze. L’uomo inizia a tenere un diario nella speranza che qualcuno possa un giorno leggere la cronaca di quelli che lui è convinto siano i suoi ultimi giorni di vita. Watney spera di poter sopravvivere per i quattro anni che lo separano dalla prossima spedizione umana su Marte, Ares 4, ma si rende immediatamente conto che le scorte di cibo sono troppo scarse, visto che la base era destinata a ospitare un equipaggio di sei persone per soli due mesi: si ritroverà così a dover razionare il cibo. Mark è però un botanico e quindi sfida apertamente l’atmosfera marziana, decidendo di coltivare patate.
Sebbene dopo vari esperimenti riesca a realizzare il primo raccolto, dovrà affrontare diverse esplosioni e catastrofi: una delle quali distruggerà completamente la sua coltivazione di patate, costringendolo a mettersi ancora una volta in gioco contro un mondo che non pare volerlo sul suo suolo.
Un mese dopo l’aborto della missione Ares 3, la NASA scopre che Watney è ancora vivo grazie alle immagini orbitali della base, che evidenziano segni della sua attività: ha spostato i due rover della base, andando alla ricerca dell’antenna parabolica strappata via dal vento, senza però trovarla. La NASA diffonde la notizia ma decide di tenere all’oscuro l’equipaggio della Ares 3 a bordo dell’astronave Hermes di ritorno verso la Terra, per non distrarli dai loro delicati compiti e per non affliggere la loro coscienza con il dubbio di aver abbandonato su Marte il compagno. Watney pianifica di viaggiare 3200 chilometri da Acidalia Planitia fino al cratere Schiaparelli, sito di atterraggio della missione Ares 4, dove è già presente un MAV e dove riuscirà sicuramente a comunicare con la Terra. Rimanendo sempre in contatto con la NASA, si arriverà al punto di svolta: svelare il segreto anche ai membri del suo equipaggio.

Ridley Scott ancora una volta si cimenta in uno sci-fi ben fatto.
Matt Damon interprete pazzesco per il nostro Mark Watney, un Matt Damon ancora una volta “da salvare” – Salvate il soldato Ryan – per il mondo e per il pianeta, ma con uno script che non spinge al patriottismo sfegatato. Anzi, con un’inattesa svolta la sceneggiatura ridimensiona il ruolo statunitense di superpotenza infallibile al completo servizio del suo popolo. Ci regala così un nuovo punto di vista fantascientifico: la più umana delle paure al servizio di una tecnologia che possa cambiare il proprio futuro.

Ms Raynor&Ms Poison.

 

Poison El

[Proofreader e Editor. Digital Content Creator. Blogger. Artist. Traveller. Aspirant Writer.]

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