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Star Trek Discovery 2: conclusione

Recensione conclusiva di Star Trek Discovery 2. Analizziamo i punti cardine e i rimandi.

Il rimando a Deep Space Nine

Eravamo rimasti all’Angelo Rosso. Nell’episodio successivo – il 2×11 – si intitola Perpetual Infinity e non è altro che la storia di una fila che ritrova sua madre grazie ai viaggi del tempo: sì, in realtà sotto l’armatura c’è la madre di Michael Burnham. L’idea non è nuova però in questo mondo. Difatti in Deep Space Nine già c’era questa tematica, però si parlava di padri e figli maschi.

Copertina di Deep Space Nine

Questa riunione non è però il momento di felicità che ci si aspetta: la dottoressa Burnham si è abituata da tempo al pensiero di perdere sua figlia, avendola già vista morire infinite volte durante i suoi tentativi di tornare nel presente prima di ritrovarsi nuovamente scaraventata nel futuro. Un futuro in cui, ogni volta, Controllo vince. Per l’esattezza, sono passati 950 anni.
Sappiamo però che Controllo sta già prendendo potere: ha preso il controllo, appunto, di Leland – il capo della Sezione 31. La dottoressa Burnham è interpretata da Sonja Sohn e ha una caratterizzazione affascinante, alla Sonequa Martin riesce a rispondere con una delle performance migliori di sempre. Forse anche rispetto alla prima stagione. Finalmente può mostrare il suo talento, senza freni inibitori e sottotrame che spezzano in maniera inutile la tensione e il pathos.


Il rapporto tra madre e figlia merita di essere esplorato in ogni dettaglio, in quanto è molto più interessante rispetto a quello con Ash Tyler. L’unica linea di trama che ci interessa – e che lo riguarda – è quello che lo vede coinvolto nella Sezione 31, ma gli sceneggiatori preferiscono continuare a inserire momenti di discutibile utilità.

 

Fanservice sempre presente in Star Trek Discovery 2

Nell’episodio successivo, intitolato Through the Valley of Shadows, torniamo alle vecchie abitudini: il fanservice. Viene riesumato l’ultima linea di trama che ci eravamo scordati: i Klingon. Di loro sappiamo già molto, grazie a Star Trek: The Next Generation, in cui sono stati esplorati cultura e società nei minimi dettagli, andando oltre lo stereotipo dei villans per darci un quadro molto più delineato, con sfumature e storyline che rimangono ancora oggi nel cuore dei trekker. Certo, la presenza di Worf – il primo Klingon “buono” – venne ripresa anche in Deep Space Nine insieme ad altri personaggi. Anche nella serie prequel Star Trek: Enterprise, ha fornito una spiegazione al mistero della discrepanza visiva tra i personaggi della serie originale e quelli visti nei precedenti Star Trek – in cui avevano fattezze umanoidi.


In Star Trek Discovery siamo tornati a banali antagonisti e tutta la loro storyline di Ash Tyler/Voq non crea aspettative o interesse. Sarebbe bello poterne sapere di più, ma in realtà non sembra ci sia una vera volontà da parte degli sceneggiatori, che giustificano tutto con un “Siamo nell’era prima di
Kirk”.

 

Okay, e quindi?

Anche la rivelazione, di alcune settimane fa, del loro coinvolgimento indiretto negli eventi che portarono alla nascita dell’Angelo Rosso pareva semplicemente una soluzione pratica e veloce per gestire un elemento narrativo da “riportare in auge” non appena possibile.
Per metà di questo episodio ci si perde a seguire una storyline priva di mordente, ma alla fine torniamo sempre ai punti cardine di questa stagione: Spock e Pike.
Anson Mount è sempre stato, fin dal primo episodio, il motivo principale per continuare questa serie e questa stagione, al fianco di Doug Jones nel ruolo di Saru. Il suo talento è evidente, soprattutto nella scena in cui accetta il suo destino infausto (paralisi e volto sfigurato) per salvare il suo equipaggio, la sua famiglia. Impossibile trattenere la commozione.


Secondo lo stesso principio lo porta a decidere, in un momento di profonda crisi, di evacuare l’intero equipaggio e portarlo in salvo sull’Enterprise. Sceglie di distruggere la Discovery per impedire i piani di Controllo.

Premesse con dosi di cliché 

Uno dei piani di intervento di Controllo era quello di eliminare Michael Burnham dalla timeline: è questa la giustificazione che gli sceneggiatori scelgono per spiegare “l’assenza” del personaggio della sorellastra di Spock nelle serie precedenti. Ma il cliché viene per un attimo accantonato – ma non scongiurato – perché Michael decide di andare del futuro e portare con sé i dati della sfera per non farli trovare all’intelligenza artificiale. In Such Sweet Sorrow, il penultimo episodio della stagione, l’ufficiale si fa spedire nel futuro senza possibilità di ritorno.
Già, la Discovery non è esplosa perché Controllo ha preso il comando, impedendo all’equipaggio di eliminare i dati della sfera.
Questo episodio sarà un susseguirsi di scene di addii, prima di tutto con i genitori adottivi – una delle scene più belle dell’intera stagione. Sicuramente c’è un però: e Spock? E la linea temporale che si deve realizzare con Kirk?

Forse una premessa a Star Trek: Voyager? Che sia un’odissea nel tempo più che nello spazio?

 

– Un Dolore così Dolce

Si intitola così l’ultimo episodio della seconda stagione di Star Trek Discovery. Un episodio denso di azione che è riuscito a risollevare, forse, un’intera serie. Forse, possiamo anche perdonare alcuni fanservice, ma non ne sono ancora sicura.
Controllo vs Flotta Stellare: è questo il senso dell’episodio. Il devastante conflitto interstellare ha visto Katrina Cornwell sacrificarsi per salvare l’Enterprise.

Nonostante fossero in minoranza contro i droni, gli eroi della Flotta Stellare ricevono l’aiuto di Ash Tyler che si è rivolto ai Klingon, guidati dal Gran Cancelliere L’Rell. In ulteriore soccorso, sono arrivati anche i Kelpiani, la razza del Primo Ufficiale Saru. Mentre tutto questo accade nello spazio, l’Imperatore Georgiou combatte e sconfigge Leland a bordo della Discovery, distruggendo i nanobot dell’IA all’interno di un cubo di contenimento di unità di spore.
In realtà, però, tutto è incentrato su Michael che porta la Discovery a quasi mille anni nel futuro. Non è da sola però: difatti l’equipaggio della Discovery Spock decidono di seguirla.

Mi permetto di anticiparvi solo una cosa, ma senza spoiler: Me Hani Ika Hali Ka Po detta Po. Questa cosa ve la lascio scoprire da soli. L’amica di Sylvia Tilly sarà una delle sorprese più belle!

E L’Angelo Rosso? In realtà, non era altri che Michael stessa. Ed è questo il colpo di scena di Star Trek Discovery 2.

La navetta di Spock risulta disabilitata e non può seguire sua sorella attraverso il tunnel temporale, quindi i due fratelli si salutano in un addio straziante che mostra, ancora una volta, il grande talento recitativo del vulcaniano. Il Tenente viene teletrasportato a bordo dell’Enterprise. Il sesto segnale che Michael invia è un faro che serve alla U.S.S Discovery come rotta per il futuro. Il settimo e ultimo segnale, si scopre infine, avviene 124 anni nel futuro. A quel punto, il Vulcaniano è tornato, ben rasato e in uniforme, per servire come Ufficiale Scientifico a bordo della nave stellare Enterprise guidata dal capitano Pike.

Siamo giunti alla fine. Tirando le conclusioni, questa stagione ha avuto momenti di alti e bassi che non ha saputo gestire al meglio. La banalità narrativa, rispetto ai precedenti Star Trek, è evidente, ma la scrittura dei personaggi è ancora interessante e ben fatta – ad eccezione di Ash Tyler.

 

Date una possibilità a  Star Trek Discovery 2, così potremo vedere assieme – e commentare – la terza stagione. Fatemi sapere cosa ne pensate!

A presto,

Poison El.

Poison El

[Proofreader e Editor. Digital Content Creator. Blogger. Artist. Traveller. Aspirant Writer.]

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