Once upon a time in Hollywood
Sembra quasi un “assurdo” esercizio di regia, ma è molto di più. Quentin Tarantino ha saputo raccontare l’ultimo periodo dell’età d’oro di Hollywood attraverso geniali inquadrature e impostazioni tipiche dell’epoca.
Potrebbe costargli l’oscar? La nomina per Miglior Film, Miglior Regia e Miglior Attore Protagonista per Leonardo DiCaprio è assicurata. Badate bene, ho detto nomina, non vincita. Deve ancora vedersela con Joker di Todd Phillips, cari miei.
Lo scopriremo solo il tre ottobre.
Il film si concentra sulla tipica relazione tra attore e il suo stuntman che si instaurava in quell’epoca. Lo stesso Brad Pitt – che nel film interpreta Cliff Booth, lo stuntman di Rick Dalton – lo ha confermato all’anteprima stampa. In quel periodo era un legame molto più stretto rispetto a oggi.
Il rapporto tra Rick e Cliff è molto più importante di quello che si possa pensare: sono amici, quasi fratelli.
«Sei un bravo amico, Cliff.» dice Rick.
«Ci provo.» risponde Cliff.
È un dialogo che vediamo ricorrere spesso tra i due personaggi. Hanno vite differenti: da un lato c’è Rick vive a Hollywood e ripete spesso che “ci vive”, perché sei hai comprato casa lì sei un vero cittadino di Hollywood, dall’altro c’è Cliff che vive in una roulotte con la sua cagnolina, un pitbull ben addestrato.
Leonardo DiCaprio interpreta in maniera magistrale – che ripeto, potrebbe fargli meritare l’Oscar – un Rick che interpreta sempre lo stesso ruolo: l’antagonista che perde, perde ogni volta senza possibilità di rivalsa. Anche in Bounty Law, la serie che identifica per la maggior parte della durata del film la sua carriera, viene infine sconfitto. La sua depressione, che affoga nell’alcol, viene mostrata nel momento in cui gli viene fatto notare che avrebbe più possibilità in Italia, facendo pellicole Western. Siamo nel periodo – 1964 fino al 1978 circa – in cui viene coniata negli Stati Uniti d’America l’espressione “spaghetti western”.
“Spaghetti western”: stava a indicare dei lungometraggi girati in italiano, con budget ridotti e povertà di mezzi, secondo le convenzioni dei primi western. Il genere andò sempre più affermandosi presso il grande pubblico e la critica si limitò per lungo tempo a riconoscere solamente Sergio Leone come massimo esponente e maestro indiscusso del genere.
Il primo western italiano fu probabilmente Una signora dell’Ovest del 1941 e ritroviamo qui le origini del genere.
Rick è il vicino di casa di Roman Polanski – Rafał Zawierucha – e Sharon Tate – Margot Robbie – e nonostante questo è mondo per lui completamente irraggiungibile.
La sua carriera è ormai verso la fine e il peso del fallimento si sente. È presente e costante. La parte meno interessante era quella di Margot Robbie che, a parte la sua bellezza, non ci ha dimostrato molto il suo tal
Le citazioni ai suoi film fanno venire i brividi come quella a Bastardi senza gloria!
Insomma, Quentin Tarantino applica delle modifiche alla storia, quasi attuasse un “revisionismo storico”, inventando un diverso esito per la notte dell’8 agosto 1969. Non dirò altro, al fine di lasciarvi con la curiosità a livelli estremi.
È una pellicola caratterizzata da un romanticismo dal sapore nostalgico, percepibile fin dal titolo. È un film che va concepito come una lettera d’amore per un’epoca lontana. Come se fosse una riflessione su un passato cristallizzato, rivisto e analizzato dal regista attraverso un filtro nostalgico. Un’analisi che coinvolge la televisione, il cinema, la musica, la cultura, la moda, lo spirito di libertà e di fiducia che si respiravano nella California del 1969.
Un film che ha tutte le carte in regola per vincere premi, Oscar e quant’altro. L’unica pecca è la storia, che rimane un po’ banale rispetto alle solite sceneggiature di Tarantino. I dialoghi sono perfetti, le interpretazioni anche, per non parlare del montaggio e delle inquadrature: una pellicola che ha tanto da dare, da dire, da raccontare.
-Poison El