Amici di The Nerd’s Family bentrovati, sono qui per introdurvi Nihail che oggi vi parlerà di Dov’è il mio corpo, a lei la parola:
Continuiamo la corsa agli oscar con J’ai perdu mon corps (Dov’è il mio corpo), un film d’animanzione francese del 2019 diretto da Jérémy Clapim, tratto dal romanzo Happy Hand di Guillaume Laurant. Presentato alla 72° edizione del Festival di Cannes il 17 maggio 2019, distribuito solo nelle sale francesi, sbarca il 6 Novembre su Netflix.
Questo film è stato apprezzato molto sia dalla critica che dal pubblico, ciò l’ha portato a vincere diversi premi tra cui miglior film d’animazione ai Boston Society of Film Critics Awards, ai Los Angeles Film Critics Association Awards e ai San Diego Film Critics Society Awards.
ANIMAZIONE/REGIA
Per quanto riguarda la regia si può notare uno studio maniacale delle inquadrature, mai banali, con sempre diversi piani di profondità e stacchi molto rapidi che permettono di osservare la scena da vari punti di vista. L’ispirazione è molto fumettistica, dovuta anche al passato da illustratore del regista, come lo è anche lo stile di disegno, caratterizzato da tratti netti e campiture con un colore pieno e una sola gradazione di ombre. Le luci, come insegna Lucas in Star Wars, sono caratterizzate dalla contrapposizione di rosso e di blu, di caldo e di freddo. Un altro aspetto molto importante è l’uso del bianco e nero per rappresentare i ricordi, così il cambio di colori accompagna lo spettatore attraverso la narrazione.
TRAMA
Lo spettatore si trova sballottato tra due linee narrative. Segue l’orfano Naoufel nella sua deprimente vita, prima da fattorino delle pizze e successivamente come apprendista falegname, grazie a un incontro tanto bizzarro quanto poetico, ma allo stesso tempo moderno.
Questo film, oltre a due trame parallele, possiede due caratteri uno molto crudo, ma mai grottesco, l’altro molto dolce e poetico. Caratterizzati dalla malinconia dei ricordi di un’infanzia spensierata contraddistinta dal gioco e dalla scoperta in contrapposizione alla dura vita di un orfano squattrinato che, anche se ancora in possesso della sua mano, di certo non è completo. Il regista gioca molto con i simboli e la ricorrenza di determinati dettagli, facendo riflettere lo spettatore su molti temi quali l’identità del nostro corpo, l’amore, la rivalsa, il ritrovare se stessi e sicuramente il proprio destino.
-Nihail
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