Editoriali

L’Editoriale di febbraio: Hansel e Gretel

È noto da sempre il bisogno dell’essere umano di superare la realtà e di accedere alla dimensione del fantastico e del magico. Già nel mondo nell’antichità classica – nella quale affonda le radici l’intera cultura occidentale – ritroviamo miti e racconti fantastici che hanno segnato per secoli l’immaginario collettivo mondiale, ma soprattutto quello europeo. Da Polifemo alla Maga Circe, al canto delle Sirene, o alla fiaba dell’Anello di Gige di Platone, possiamo riconoscere le basi del genere letterario fiabesco – diventato tale nel 1800 circa. Si pensi all’uomo della sabbia, le cui radici affondano nella tradizione nordeuropea, ad esempio. Hansel e Gretel.


Dal «c’era una volta…» al «vissero tutti e felici e contenti», le fiabe dal 1900 in avanti – salvo precedenti eccezioni – hanno sempre garantito una sorta di lieto fine. L’Eroe si sposa con la Principessa, l’intreccio si scioglie e tutto si risolve nel migliore dei modi. Il lettore viene rassicurato con una sorta di ‛bontà’ logica degli eventi che non possono far altro che concludersi con il trionfo del bene e la sconfitta del male.
Gli adattamenti che conosciamo delle fiabe, assomigliano vagamente alle prime versioni. Sono più ammorbidite, edulcorate e infantili. Nelle versioni originali, non sono le matrigne a mettere nei guai i figli di primo letto del marito, ma sono proprio le madri naturali. Proprio come in Hansel e Gretel, una delle fiabe più famose dei fratelli Grimm.

Hansel e Gretel 

I fratelli Grimm la inseriscono in un’ambientazione quasi prettamente medievale – epoca in cui la carestia e gli infanticidi erano pressoché quotidiani. La mancanza di cibo è la scintilla che fa cominciare la storia. Difatti, i due infanti vengono abbandonati dai genitori, in particolar modo dalla matrigna, a causa della penuria monetaria.
L’abbandono non è «un atto di crudeltà, ma soltanto il ricordo sbiadito di riti di iniziazione in cui probabilmente erano coinvolte anche le madri degli iniziandi» . 
Gli scrittori, usando un espediente emotivamente d’impatto, mostrano le vere intenzioni della matrigna che afferma che «si è di nuovo mangiato tutto, c’è ancora mezza pagnotta, poi è finita.
I bambini devono andarsene; li condurremo più addentro nel bosco, perché non ritrovino la strada: per noi non c’è altro scampo». 
 

 

 

La matrigna

La sostituzione della figura materna con quella della matrigna da parte dei Grimm riflette una condizione tipica del periodo in cui vivevano: la morte per parto delle donne era tutt’altro che infrequente e gli uomini tendevano a risposarsi con ragazze più giovani, vicine per età alle figlie più grandi. I due fratelli tedeschi hanno cancellato anche alcuni particolari che sarebbero stati di disturbo per la mentalità della loro epoca. Possiamo quindi affermare che i Grimm abbiano levigato nelle varie versioni gli elementi angoscianti che tanto potevano turbare il loro pubblico.
In una delle prime versioni, intitolata I bambini perduti, l’incantatrice non aveva posto ma l’antagonista era impersonato dal diavolo vero e proprio. Il finale era decisamente lontano dal lieto fine che ben conosciamo della fiaba: i due bambini sgozzano e uccidono senza nemmeno batter ciglio l’essere mefistofelico, lasciando così il lettore in uno stato di profonda angoscia e turbamento.

Trasposizione di Hansel e Gretel

Nella trasposizione pubblicata, Hansel e Gretel, perdutisi nel bosco, accettano l’aiuto del corvo che compare loro dinnanzi che li porta alla casa di marzapane. Una volta giunti, cominciano a mangiare e una vecchina gli offre ospitalità per la notte. All’inizio i bambini non vogliono accettare – ormai completamente sazi e stanchi –  ma l’anziana signora mostra la sua vera natura e si accorgono quindi di essere prigionieri.  


«“Avanti, entrate figlioli, siete giunti in tempo. Ho appena finito di fare questa torta che dice: “Mangiami! Volete assaggiarla?” 

“Certamente!” Disse Hansel, più deciso, come sempre, di sua sorella.  

I due bambini cominciarono a mangiare tutto quello che la donna gli portava. Poi, una volta sazi, decisero di andarsene. “Grazie, buona signora. Non ne possiamo più di mangiare, torneremo a trovarla un’altra volta. È stata molto buona con noi”, disse Hansel».  


Strix

L’anziana signora si scopre quindi essere una strega ed è decisa a mangiarsi i due ragazzini. La strega, Strix in latino, è identificata come il puro male, ma il Male Perturbante, quello che angoscia e inquieta, viene rappresentato dal Corvo, colui che attira i bambini verso la Casa di Marzapane. Questo personaggio ha una natura ambivalente: è sia colui che li conduce al pericolo, ma è anche colui che porta i bambini alla salvezza. I Grimm riescono a creare una sorta di sistema morale attraverso i protagonisti e le loro variabili e costanti. Ad esempio, la casa rappresenta – come il bosco – qualcosa di ben più profondo: un corpo, spesso quello della madre. Invece il padre viene rappresentato proprio per mostrare come il sistema familiare subisca un’inversione: è come se Hansel dovesse ricoprire il ruolo di genitore per Gretel tanto da diventare iperprotettivo.
In realtà, in una delle versioni è proprio Gretel ha salvare il suo fratellino e se stessa. 


Ruoli 

I vari personaggi che incontriamo sono assoggettati ad un’azione o ad un compito, a seconda del modo in cui si presentano. I personaggi attorno cui ruota la trama della celebre storia di fata dei fratelli Grimm sono otto: il «Cattivo» è la Strega ma allo stesso tempo è anche la Matrigna perché è colei che decide di abbandonare i bambini per scopi egoistici e razionali; il «Donatore» è Hansel che protegge sua sorella fin dall’inizio; il ruolo dell’«Aiutante Magico» dal corvo stesso che condanna ma infine aiuta i due bambini a tornare a casa; «Principessa» è Gretel che viene portata in salvo dal corvo e dal fratello; infine il personaggio più controverso: l’«Eroe», che compare quasi sempre nella scena iniziale. Questa figura potrebbe essere rivestita sia da Hansel sia dal Corvo – il nano che ha subito la trasformazione. Il bambino, grazie alla sua acuta intelligenza, riesce ad essere razionale e infine salva sua sorella e la famiglia. Il Corvo invece, che per tutto il racconto angoscia e spaventa il lettore con le sue frasi crudeli e lugubri, alla fine aiuta i due ragazzini a scappare dalla megera.  

La prima versione originale della fiaba è stata pubblicata nel 1812, in lingua tedesca. 

Neil Gaiman

Un’ennesima versione è stata pubblicata con le illustrazioni di Neil Gaiman.

Un’ulteriore analisi è stata data in Hunters, una nuova serie tv su Amazon Prime Video.
Insomma, nel corso della storia sono state date molteplici analisi di questa fiaba, o storia di fata come direbbe Propp. A voi scegliere a quale dare più credito e a quale corrente filosofica/psicologica affidarsi maggiormente. 

Spero che questo Editoriale vi sia piaciuto, in quanto era parte della mia tesi di laurea. 

-Poison ξl

Poison El

[Proofreader e Editor. Digital Content Creator. Blogger. Artist. Traveller. Aspirant Writer.]

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