La città incantata: il capolavoro di Miyazaki
La città incantata è uno dei film più emblematici del regista Hayao Miyazaki. È considerato il suo capolavoro nonostante abbia fatto altri film.
Da Chihiro e le sue avventure si sono susseguiti altri fantastici film d’animazione in grado di emozionarci, di farci riflettere e di commuoverci.
La trama
La città incantata è un film d’animazione del 2001, scritto e diretto dal regista Hayao Miyazaki.
La famiglia di Chihiro, una bambina di dieci anni, è in viaggio verso la nuova città dove si stanno trasferendo. Durante il percorso, il papà sbaglia strada e si trova all’imbocco di un tunnel che la famiglia decide di seguire. Sbucano su una vallata con alcune case e così, incuriositi, i genitori di Chihiro si addentrano alla scoperta di questa città molto strana e apparentemente deserta.
Chiriro ha un brutto presentimento.
Superano il letto del fiume in secca e arrivano in questo centro pieno di ristoranti. I genitori si siedono a mangiare, mentre la bambina incontra un ragazzo, Haku, che le ordina di andarsene subito.
Spaventata, torna dai genitori, ma scopre che si sono trasformati in maiali e non riesce a fuggire perché il fiume è in piena. La notte è calata e le lanterne sono accese. Si rende conto che sta diventando invisibile, ma Haku decide di aiutarla.
Chihiro viene assunta con il nome di Sen da Yubaba, la potente strega, che controlla tutta la città usa questo stratagemma per impedire alle persone di scappare. Lavorando nella città incantata, la bambina incontra spiriti, creature magiche e fantastiche. E proprio lei, una ragazzina capricciosa e viziata, imparerà il valore dell’amore, dell’amicizia, della solidarietà e del duro lavoro. Imparerà ad affrontare la vita come un’adulta e le scelte che si presenteranno, cercando di tornare a casa senza dimenticare chi lei sia davvero e quale sia il suo vero nome.
Curiosità
La città incantata è un film d’animazione liberamente ispirato al romanzo fantastico Il meraviglioso paese oltre la nebbia della scrittrice Kashiwaba Sachiko. Il film ha vinto l’Orso d’oro al Festiva di Berlino nel 2002 e l’Oscar come Miglior film d’animazione nel 2003.
Miyazaki ha dedicato l’opera alla figlia di dieci anni del suo produttore, e amico, Seiji Okuda.
In realtà, non vi era nessuna sceneggiatura completa all’inizio della lavorazione del film. Questo perché Miyazaki non è solito lavorare con qualcosa di completo: la storia si crea da sé e lui sente solo il dovere di seguirla.
Tutti i personaggi e le ambizioni sono state, per volere del regista, disegnate interamente a mano, poi rifiniti e animati al computer. Una delle sequenze più difficili è stata quella del treno che Chihiro prende per andare da Zeniba, la sorella gemella della strega Yubaba. La sfida è stata rappresentare il treno che sfrecci sull’oceano in modo da risultare realistico.
L’autore della colonna sonora de La città incantata è Joe Hisaishi, compositore della maggior parte dei film del celebre regista.
Divinità
Il punto di partenza del film è mostrare le divinità e gli spiriti che vanno alle terme, yuya, per rilassarsi. Quando era piccolo, il regista dopo aver visto dal vivo uno yuya e la porticina accanto a esso – nell’aria principale – non aveva potuto non chiedersi cosa vi si nascondesse dietro. Ha reso il mistero molto più interessante mettendo le divinità al centro della trama.
Le divinità, nel folklore giapponese, proprio come gli uomini d’affari, si pensa abbiano bisogno di fortificarsi in acque calde prima di andare a lavorare. Gli dei rimarrebbero molto più a lungo a mollo, ma sarebbero costretti a uscire , una volta concluso il fine-settimana.
In Giappone, da migliaia di anni, si pensa che i Kami – gli dei – e i Rei – gli spiriti – siano ovunque: nei fiumi, negli alberi, nelle case, in cucina. Alcune presenti ne La città incantata sono tratti dal folklore giapponese, altri sono frutto dell’immaginazione di Miyazaki.
E poi c’è il Senza volto, una divinità vagabonda senza alcun riferimento nei vari folklori. Infatti, Kaonashi rappresenta il Giappone Contemporaneo in cui molti sono convinti che i soldi siano sufficienti ad assicurare la felicità. Ma Kaonashi riesce davvero a renderli felici?
Alcuni hanno pensato che fosse una sorta di madre, altri che fosse un padre.
Personaggi
Iniziamo con l’antagonista, Yubaba e la sua sorella gemella, Zeniba. Andrebbero in realtà considerate sfaccettature di una stessa persona: Yubaba è la persona che lavora e Zeniba è la sua versione domestica.
Il mostro puzzolente e ricoperto di fango sappiamo non essere altro che lo spirito del fiume. A Chihiro, in quanto ultima arrivata, viene dato il compito di ripulirlo. Sembra un’impresa impossibile, ma la ragazza non si arrende e scopre che un manubrio è conficcato all’interno dell’ospite. Tirando, oltre a un’intera bicicletta, fuoriesce un ammasso di immondizia.
Lo spirito del fiume era nascosto sotto tutta quella sporcizia, distrutto dagli umani e dalla loro inciviltà. C’è chi pensa che fosse un tentativo di inserire un tema ecologico, ma Miyazaki non conferma.
Chihiro rappresenta la maturità, il passaggio, la comprensione, la trasformazione. Da bambina viziata a ragazza che comprende le conseguenze delle sue scelte. Coraggio, orgoglio, decisione… Chihiro non è più la bambina di un tempo quando torna a casa.
I genitori di Chihiro si trasformano in maiali. Quelli dello Studio Ghibli hanno risposto che la trasformazione riflette come le persone siano diventati maiali durante la bolla economica degli anni ’80, seguita dal crollo del ’91. Inoltre, chi subisce questa trasformazione avrà sempre “corpo e anima da maiale” e non solo in termini di spirito o nel mondo della fantasia.
Haku… beh Haku meriterebbe un articolo a se stante, ma facciamo che lo facciamo rientrare nel paragrafo successivo.
Anche i nomi sono un indice molto importante dell’identità dei personaggi.
Chihiro significa “un migliaio”, “fare domande”, “essere alla ricerca”. Quando Yubaba elimina un carattere dal nome di Chihiro, il significato rimane storpiato: Sen significa “un migliaio”. Deprivata del senso, lei è sé stessa, ma c’è una parte di lei che non c’è più.
Boh significa “ragazzino” o “foglio”, Kamaji “vecchio uomo delle caldaie”, Yubaba “donna dei bagni pubblici” o “strega” e Zeniba “strega”.
Nomi
La questione del nome è molto particolare e fondamentale in La città incantata.
Quando Chihiro incontra Yubaba e firma il contratto che le avrebbe permesso di restare e non scomparire, la maga diventa proprietaria del suo nome e le dice che d’ora in avanti si sarebbe fatta chiamare Sen.
Haku in seguito le rivelerà che, se mai si fosse dimenticata completamente il suo nome precedente, sarebbe stata vincolata per sempre alla città incantata, proprio com’è successo a lui.
Da sempre, quando si vuole privare un uomo della propria individualità, per prima cosa lo si priva del nome.
Il nome che abbiamo ricevuto alla nostra nascita è in realtà la cosa che più di tutte aiuta a creare un’identità: sostituire il proprio nome con quello che ci dà un’altra persona significa cambiare sé stessi. E, in questo caso, che gli apparteniamo.
Dimenticare il nostro nome originario, significa perdere definitivamente sé stessi e ciò che eravamo.
Haku non ricorda il suo vero nome e non ricorda quindi chi sia o che scopo abbia. È perso e appartiene completamente a Yubaba. Sarà Chihiro a salvarlo a donargli la cosa più importante di tutte: il suo nome.
Lavoro
Il nome si perde firmando un contratto di lavoro. Sembrerebbe che Miyazaki volesse muovere una critica alla spersonalizzazione che spesso opera nel mondo del lavoro.
In Giappone la cultura del lavoro è estremamente sentita, tanto che è stato addirittura coniato un termine per indicare la “morte per lavoro straordinario”: Karoshi.
L’esempio lampante sono le palline di fuliggine che lavorano strenuamente trasportando pezzi di carbone più grandi di loro, per alimentare le caldaie delle terme.
Amore
Appena cala la sera nella città incantata, Chihiro comincia a dissolversi ed è Haku che la salva, per la prima volta.
La vicenda ricorda ancora una volta il mito greco, quando Persefone, giunta nell’Ade, mangia i frutti degli Inferi e per questo è condannata a non poterli più abbandonare. La differenza tra Persefone e Chihiro sta nella volontà: Persefone non voleva rimanere negli Inferi, ma Chihiro decide coscientemente di rimanere per salvare i suoi genitori.
E così Haku, a differenza di Ade che aveva ingannato Persefone per poterla tenere con sé, dona a Chihiro le bacche per assecondare i desideri della ragazza.
La storia di Haku e Chihiro nasce con una delicatezza estrema, ma è davvero molto intensa. All’inizio lui vuole proteggerla, quella ragazza di cui stranamente ricorda il nome, nonostante si sia dimenticato persino il suo. Sente di conoscerla da sempre. Non c’è spazio per smania o bramosia, ma solo per la tenerezza, e Chihiro, candida com’è, non può restare impassibile a tanta devozione.
La loro storia diventa quindi: proteggersi a ogni costo, nonostante i rischi, nonostante tutto.
E quando Chihiro rivela a Haku di aver ricordato il suo vero nome, arriviamo addirittura a svelare un significato ancora più profondo.
Grazie all’amore di Chihiro, Haku ritrova se stesso, si ricongiunge con la sua essenza. Rievocando così il mito della platonica memoria: forse è vero che gli uomini nascono incompleti e per ritrovare i loro pezzi mancanti non possono proprio fare a meno di innamorarsi.
Insomma, potremmo parlare ancora per tanto dei rimandi nascosti in La città Incantata, ma fermiamoci qui. Godiamoci ogni frame e ogni sequenza. Assaporiamo ogni momento e lasciamoci incantare da questo meraviglioso racconto, nonché film d’animazione.
-Poison ξl
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