Se vuoi guardare un film profondamente inquietante sull’isolamento, la fame e la carenza di cibo nel mezzo di una pandemia di vita reale, allora, dai un’occhiata a Il Buco (The Platform), un nuovo film spagnolo pubblicato oggi su Netflix.
Chiamato El Hoyo in spagnolo, questo thriller di fantascienza viene dal regista Galder Gaztelu-Urrutia, ed è stato presentato per la prima volta al Toronto Film Festival nel 2019 prima di essere acquisito da Netflix per la distribuzione mondiale.
The Platform non è per i deboli di cuore. Sangue, cannibalismo, escrementi, sangue, disperazione, tortura, sangue… Fondamentalmente, qualsiasi cosa tu possa pensare che sarebbe difficile vedere, è in questo film.
IL BUCO
Il nostro protagonista è un giovane di nome Goreng (Iván Massagué) che si sveglia in una cella di cemento con un foro al centro, sia sul soffitto che sul pavimento. Da li si possono vedere i piani inferiori e un buco che sembra non avere fine.
Il suo compagno di stanza, Trimagasi , spiega che si trova in una prigione verticale e ogni giorno “la piattaforma” scende attraverso i piani della prigione, portando ai detenuti gli avanzi dei piani superiori. Si ferma per pochi secondi e i prigionieri possono mangiare solo mentre è lì. Se cerchi di tenere qualcosa verrai punito: la stanza diventerà insopportabilmente calda o insopportabilmente fredda.
Quando la piattaforma raggiunge il livello di Goreng e Trimagasi, al piano 48, il cibo, che al piano 1 è un banchetto ai livelli di Re Sole, è già stato depredato e devastato.
Il piano più alto è il numero 1 e più si scende più il numero aumenta e il cibo diminuisce fino a finire e a lasciare una piattaforma ricolma solo di piatti e bicchieri vuoti.
Ogni prigioniero può portare con sé un oggetto e Goreng ha portato un libro: Don Chisciotte di Miguel de Cervantes. Trimagasi ha portato un coltello.
Ogni mese, i prigionieri vengono gasati e portati a un nuovo livello con lo stesso compagno, se è possibile: se è ancora vivo o ha ancora un periodo di pena da scontare. La prima volta che succede, Goreng si sveglia legato al livello 171. Successivamente al 33, poi al 202, al 6 poi…
SIGNIFICATO
E’ chiaro che la prigione e la piattaforma sono una metafora del capitalismo. Se solo i prigionieri decidessero di lavorare insieme e razionare le loro risorse tutti sarebbero nutriti.
Ci troviamo davanti invece a una società capitalista che lascia le persone in fondo a morire e mangiarsi a vicenda. Tuttavia, quelli al in cima (cioè i ricchi) consumano troppo, e non ricevono alcun incentivo o motivo per voler condividere; portando a disuguaglianza, dolore e sofferenza.
Goreng un po’ come Don Chisciotte, che combatteva contro i mulini a vento, vuole cambiare quel piccolo universo. Non sapremo mai se è riuscito nel suo intento, si può solo sperare che il messaggio sia arrivato.
“Il cambiamento non avviene mai spontaneamente.”
Gaztelu-Urrita (direttore):
"Pensiamo certamente che ci debba essere una migliore distribuzione della ricchezza, ma il film non è
strettamente sul capitalismo"
“Potrebbe esserci una critica al capitalismo fin dall’inizio, ma dimostriamo che non appena Goreng e Baharat provano il socialismo per convincere gli altri prigionieri a condividere volontariamente il loro cibo, finiscono per uccidere metà delle persone che si prefiggono di aiutare . “Alla fine, il problema sorge quando si tenta di richiedere la collaborazione di tutti e si vede che alla fine non ci sono grandi risultati. Goreng fa quello che ha deciso di fare nel portare la panna cotta e il bambino al livello più basso , ma non ha cambiato idea di condividere il cibo “.
“Per me quel livello più basso non esiste. Goreng è morto prima che arrivi, e questa è solo la sua interpretazione di ciò che sentiva di dover fare. Alla fine volevo che fosse aperto all’interpretazione, se il piano funzionasse e anche i superiori si preoccupassero delle persone nella fossa. In realtà abbiamo filmato un finale diverso della ragazza che arrivava al primo livello, ma l’abbiamo tolto del film.”
“Lascio quello che succede alla tua immaginazione.”
COLORI
La scelta in The Platform dei colori è molto chiara è definita, le ambientazioni sono neutre e l’illuminazione prevale su tutta l’estetica.
Per la parte dell’amministrazione (il mondo esterno) troviamo colori più tenui con luci morbide.
Durante la monotonia delle giornate abbiamo luci blu, fredde, come è le sbarre di un carcere. Sottolineando così la tristezza e la disperazione, la mancanza della libertà e la ripetitività della vita.
Mentre la notte l’ambiente diventa rossa, non un rosso caldo e piacevole, ma un rosso inquietante. Questo colore accompagna gli incubi e le allucinazioni del protagonista, la linea tra realtà e suggestione si assottiglia sempre più col passare dei giorni e dei mesi fino a che essa non scompare e ci troviamo nel buio.
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