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Luis Sepúlveda – L’ultimo volo: IN MEMORIAM

“Il sangue Mapuche è forte, e in me scorre quel sangue” diceva Luis Sepúlveda, ricordando le origini Mapuche della madre Irma. Era fatto per resistere anche alle prove più dure, come ha fatto per tutta la sua vita. Purtroppo la forza del sangue Mapuche non è bastata stavolta, contro un nemico così forte.

Ci ha lasciato così, lo scorso 16 aprile, Luis Sepúlveda Calfucura – scrittore e giornalista cileno, un’altra vittima del Covid-19. Sepúlveda nasce il 4 ottobre 1949 in una camera d’albergo della piccola città di Ovalle nel Cile centrale. Da “fuggitivo” come amava ricordare lui. Il padre era stato denunciato dai genitori di Irma perché non approvavano la relazione in quanto minorenne. Suo padre possedeva un ristorante ed era militante del Partito Comunista, mentre la madre, di origine indigena Mapuche, era infermiera.

Sepúlveda affermava di essere nato “rosso, profondamente rosso”. Militante comunista e oppositore del regime dittatoriale cileno di Augusto Pinochet, fu imprigionato e torturato dalla dittatura militare durante gli anni ’70. Dopo il colpo di stato cileno del 1973, Luis Sepúlveda fu tra un gran numero di intellettuali di sinistra e attivisti politici arrestati dal regime.

Amnesty International

Fu detenuto nel reggimento Tucapel di Temuco per due anni e mezzo e poi ottenne un rilascio condizionale tramite l’aiuto della sede tedesca di Amnesty International. Ma ricominciò presto a far sentire ancora la sua protesta, anche attraverso l’attività teatrale.

Successivamente fu arrestato nuovamente e condannato all’ergastolo (in seguito ridotto a ventotto anni) per tradimento e sovversione. Intervenne per lui ancora una volta la sezione tedesca di Amnesty International che fece commutare la sua pena detentiva in otto anni di esilio. Nel 1977 lasciò il Cile per volare in Svezia dove avrebbe dovuto intraprendere l’insegnamento della letteratura spagnola, invece fuggì al primo scalo a Buenos Aires e riuscì a entrare in Uruguay. Poiché le situazioni politiche sia in Argentina che in Uruguay erano simili a quelle cilene, suo paese d’origine. Così Sepúlveda si diresse in Paraguay ma dovette ripartire ancora a causa del regime locale. Infine si stabilì a Quito, capitale dell’Ecuador, ospite dello scrittore e amico Jorge Enrique Adoum. Della sua militanza politica racconta nel suo libro biografico La frontiera scomparsa del 1994. I racconti che lo compongono seguono le tappe del personaggio principale, cileno anche lui, che dalle prigioni di Pinochet ritrova la libertà attraversando l’Argentina, la Bolivia, il Perù, l’Ecuador, la Colombia, su mezzi o su veicoli di fortuna fino a Panama dove si imbarcherà per la Spagna.

Il vecchio che leggeva romanzi d’amore

Nel 1977 prese parte a una spedizione UNESCO per valutare l’impatto della colonizzazione sugli indigeni Shuar. Durante la spedizione condivise la vita degli Shuar per sette mesi. Da questa esperienza nacque il suo successo Il vecchio che leggeva romanzi d’amore del 1989, che racconta il mondo degli Indios, popolo diffidente nei confronti dei bianchi cacciatori di frodo e cercatori d’oro, e il mondo di quei bianchi che al vecchio protagonista Antonio José Bolívar, avevano dato rifugio dopo la perdita della giovane moglie e insegnato a leggere. Bolivar, che ora vive a ridosso della foresta amazzonica e ama leggere storie d’amore e d’avventura, è incaricato suo malgrado di eliminare un tigrillo reso feroce dall’uccisione dei suoi cuccioli da parte di cacciatori bianchi.

Il mondo alla fine del mondo

Nel 1979, Luis Sepúlveda si unì alla Brigata Internazionale Simón Bolívar, con la quale partì per il Nicaragua per partecipare alla Rivoluzione sandinista contro la dittatura di Anastasio Somoza. Poco dopo il trionfo della rivoluzione, si recò in Germania e si stabilì ad Amburgo. Lì lavorò come corrispondente per la stampa. Trasferitosi successivamente in Francia, nel 1982 si unì al movimento ambientalista Greenpeace. Vi lavorò fino al 1987 come membro dell’equipaggio e poi nelle attività di coordinamento. Da questa esperienza nascerà il suo libro Il mondo alla fine del mondo del 1991, nel quale racconta la realtà delle navi baleniere, veri e propri mattatoi di cetacei, e del lavoro degli ecologisti nell’Antartide contro i pescatori giapponesi.

L’amore tra Luis Sepúlveda e Carmen Yáñez

Seguirono altri libri biografici come La lampada di Aladino e altri racconti per vincere l’oblio del 2008 e il noir Un nome da torero del 1994. Nel primo, due giovani condividono le lotte del movimento studentesco comunista e si ritrovano anni e anni dopo la fine della dittatura cilena e l’espatrio. Nel secondo il protagonista, che si chiama Juan Belmonte come un celebre torero, è un ex guerrigliero cileno di quasi mezza età. Juan accetta di dare la caccia a un tesoro nazista della Collezione della Mezzaluna Errante, trafugato in Cile, per amore di Veronica, una donna torturata dai militari e ritrovata viva, ma in condizioni psicologiche disastrate, in una discarica di rifiuti a Santiago. Entrambe le opere riflettono la relazione con l’amore della sua vita, la poetessa Carmen Yáñez. Lei e Luis Sepúlveda si sono amati, lasciati, hanno subito la tortura e l’esilio, si sono rifatti una famiglia e poi si sono rincontrati e risposati.

Diventa uno degli scrittori più popolari d’Europa con il suo Il vecchio che leggeva romanzi d’amore: il libro diventa un bestseller tradotto in 60 lingue e vende 18 milioni di copie. È una serenata d’amore alla lettura, alla conservazione della natura selvaggia e al rapporto dell’uomo con essa. Essi sono alcuni dei temi che spesso ricorrono nei suoi scritti, e da cui è stato tratto l’omonimo film del 2002. Nello stesso anno firma anche la regia del film Nowhere e del documentario Corazonverde, ambientato in Patagonia come il suo Patagonia Express del 1995. Questo è un vero e proprio diario con racconti e riflessioni di viaggio nella Terra del Fuoco, dove l’omonimo protagonista Luis si ritrova vis-à-vis con lo scrittore di viaggio Bruce Chatwin, autore di In Patagonia e con i fantasmi dei banditi Butch Cassidy e Sundance Kid con cui si trova a dialogare a proposito della brama consumistica che sta distruggendo l’ecosistema del nostro pianeta.

Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare

Negli anni ’90, il decennio parte con i racconti autobiografici come il prima citato Un nome da torero. Ma non solo: Diario di un killer sentimentale, una novela negra del 1996 dove parla dell’orgoglio di un uomo tradito. Seguiti dal successo internazionale di Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare del 1996.

La gabbiana Kengah, alla ricerca di cibo nel Mare del Nord rimane impastata da una macchia di petrolio. Non volendo morire di fame in mare, spicca faticosamente il volo e riesce a portarsi all’altezza del campanile di San Michele, chiesa di Amburgo. Stremata dalla fatica cade in un giardino di una casa della città dove depone il suo uovo. Lì fa promettere al grosso gatto nero Zorba di prendersene cura e di insegnare a volare al pulcino che nascerà. Il libro tratta ancora temi cari a Luis Sepúlveda: l’inquinamento ambientale e la responsabilità di portare a termine le promesse, della solidarietà e dell’accettazione del diverso. A questo successo seguirono altre favole come Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico del 2012. Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza del 2013. E il suo ultimo libro Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa del 2018, presentato nell’ultima edizione di Bookcity a Milano.

Il suo instancabile impegno politico non smetterà mai di farsi avanti. Come la maturazione di idee e passioni nei libri Incontro d’amore in un paese in guerra del 1997, una raccolta di 24 racconti accomunati dal tema dell’amore per qualcuno o qualcosa. L’ombra di quel che eravamo del 2009 che racconta di quattro amici di vecchia data. Ex militanti di sinistra, che si danno appuntamento dopo trent’anni in un casolato per vivere un’ultima rocambolesca avventura. Storie ribelli del 2017 che raccoglie l’esperienza di oltre quarant’anni di storia personale, umana, politica e civile. Si apre con il tributo a Oscar Lagos Rios, il più giovane uomo della scorta che restò fino alla fine accanto al presidente Allende nel palazzo della Moneda, e si chiude con un testo sulla morte di Pinochet. Nel 1998, su mandato internazionale il generale Pinochet viene arrestato a Londra per crimini contro l’umanità e tortura contro i cittadini spagnoli. Sepúlveda fa sentire la sua voce e ne prende parte scrivendo articoli, che verranno poi raccolti nel Il generale e il giudice del 2003. Purtroppo nel 2000 l’Inghilterra nega l’estradizione a causa delle condizioni di salute dell’ormai anziano Pinochet.

Conclusioni

Dal 1996 risiedeva in Spagna, a Gijón, nelle Asturie, dove aveva fondato e diretto il Festival della Letteratura ibero-americana che si tiene ogni anno, durante la seconda settimana di maggio.

Luis Sepúlveda scriveva di passioni, di grandi amori, di ideali irrinunciabili, dello spirito che resiste, della guerra contro i tiranni, della rivincita degli oppressi, della resistenza. Diceva che i suoi doveri erano

«raccontare bene una buona storia e non cambiare la realtà, perché i libri non cambiano il mondo. Lo fanno i cittadini».

In qualsiasi forma letteraria abbia scritto, Luis Sepúlveda ci ha affascinato con le sue parole profonde e sicure, calorose e umane. Con umorismo a cavallo tra realtà e fantasticheria. Un uomo sincero che esplicita da che parte del mondo sta il suo cuore e lo mostra ai lettori che vogliono accogliere la sua visione della vita. Per Sepúlveda, la letteratura ha il compito di dichiarare il dovere morale della verità.

«Il racconto» scriveva Sepúlveda, «è narrazione pura». A noi, che in tutti questi anni siamo stati con lui, ha lasciato un irrefrenabile desiderio di libertà.


«Sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante» miagolò Zorba. «Ah sì? E cosa ha capito?» chiese l’umano. «Che vola solo chi osa farlo» miagolò Zorba. (tratto da “Storia di una Gabbianella e del Gatto che le insegnò a volare”)


Vi aspetto questo pomeriggio con la recensione di L’ombra di quel che eravamo

Saeturnus

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