Questo libro è dedicato alla memoria di Sao Kya Seng, principe di Hsipaw.
La dedica apre il romanzo autobiografico di Inge Sargent, Il tramonto birmano, un testo importante non solo perché permette di scoprire la vita di una grande donna o i misteri di un Paese affascinante. Ma anche e soprattutto perché è un bellissimo libro di denuncia.
I soprusi per mano della polizia non sono tema solo di queste settimane. Hanno radici lontane e ampiamente diffuse nel mondo. Lo sa bene la Birmania, che nel 1962 è stata sconvolta da un colpo di stato che ha portato al potere una dittatura militare durata trent’anni. E lo sa altrettanto bene Inge Sargent, che da un giorno all’altro non ha più avuto notizie del marito, rapito dall’esercito. Perché lui, Sao Kya Seng, non era di certo un uomo qualunque. Era un esponente politico, ma anche un Saopah, un principe regnante di uno dei principati shan, territori a nord della Birmania che hanno sempre goduto di una certa indipendenza dal governo centrale. Come molti altri politici, lo arrestarono all’indomani del colpo di stato, ma poi, di lui, non si seppe più nulla.
Il tramonto birmano è l’omaggio di Inge Sargent alla sua vita a fianco del marito, il racconto della loro storia. È anche una denuncia dell’abuso di potere perpetrato ai danni di Sao, e di tutta la popolazione, violazioni dei diritti umani per cui nessuno è mai stato punito.
Prima di diventare la consorte di un principe birmano, Inge Sargent era una studentessa austriaca come tante, partita per trascorrere un periodo di studio negli Stati Uniti. Lì, nel 1951, conobbe e si innamorò di un giovane studente birmano di ingegneria. Si sposarono nel 1953 e decisero di trasferirsi in Birmania. Ma Inge non sapeva che in quel Paese, esotico e lontano, li aspettavano una fastosa dimora e un titolo, quello di principi regnanti dello Stato shan di Hsipaw. Per quanto inaspettata, Inge seppe adattarsi splendidamente alla sua nuova vita, e in breve divenne amata e rispettata dal suo popolo, collaborando con il marito alla modernizzazione del Paese, ancora di stampo feudale. Il colpo di stato e la sparizione di Sao segnarono la fine del capitolo birmano per Inge. Dopo due anni passati a cercare di scoprire cosa fosse accaduto al marito, tornò in Occidente con le figlie, non smettendo comunque di bussare a ogni porta utile alla verità.
Volendo descriverlo semplicemente, Il tramonto birmano è un’autobiografia. Ma, come accade per molti romanzi, la categorizzazione del genere non basta. È uno spaccato di vita privata e della storia di un Paese ricco di diversità e di fascino. La narrazione si muove dal presente al passato, senza stacchi, perché piccoli oggetti o scene di vita ne richiamano altre precedenti. Così il racconto parte in medias res nel giorno del colpo di stato, e man mano svela quanto avvenuto prima, e quanto avverrà dopo.
Ma non è solo autobiografia. Il distacco della terza persona consente a Inge di astrarsi dalla sua storia personale e di immaginare quella parallela di Sao durante la prigionia. Non saprà mai la verità riguardo la sorte del marito, ma non smetterà mai di cercarla. Ogni anno una sua lettera arriva al governo birmano, che, puntualmente, guarda altrove.
Il romanzo è uscito in Italia per Add Editore nel 2016, arricchito dalle splendide illustrazioni di Elisa Talentino.
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