La città di Ottone – l’eccezionale nuovo libro della trilogia di Daevabad
La Città di Ottone – l’inizio della trilogia di Daevabad
Nahri è una giovane truffatrice di talento che deve sbarcare il lunario. Non crede nella magia, ma per vivere millanta grandi poteri. Legge il destino scritto nelle mani dei suoi clienti – nobili ottomani – e si autodichiara un’abile guaritrice. Ha una naturale affinità per la guarigione delle persone e può magicamente vedere e sentire il male che affligge gli individui.
Un giorno conduce un rituale per scacciare il demone che si è impossessato il corpo di una bambina, ma accidentalmente evoca un guerriero jinn, Dara. Con lui, è costretta a fuggire dal Cairo, per raggiungere Daevabad, la leggendaria città di ottone.
L’arrivo di Nahri a Daevabad rischia di scatenare una guerra che era stata evitata per molti secoli. Il suo destino sarà legato a questa città, dove vecchi risentimenti aspettano solo l’occasione giusta per poter riemergere.
Allo stesso tempo, il libro segue anche il figlio più giovane del re di Daevabad, Alizayd, che si oppone al trattamento ingiusto della sua famiglia nei confronti degli shafit – metà djinn e metà popolazione umana – che sono costretti a vivere in condizioni orribili.
Il successo tra il pubblico
La Città di Ottone (the City of Brass) è il primo libro della trilogia di Daevabad, scritta dall’autrice S.A. Chakraborty.
Una recensione di Paul Di Filippo in Locus confronta il romanzo con Mille e una notte in termini di immagini e trame, e riassume scrivendo “con la sua miscela di cortesia reale, magia djinnish, amori e paure umane e machiavellismo mediorientale, La Città di Ottone offre piaceri degni di Scheherazade.”
Mahvesh Murad scrive su Tor.com, “alla maggior parte dei lettori (occidentali?) la cui unica esperienza del djinn è la Disney, nel libro La Città di Ottone troveranno una favola lussureggiante e divertente ispirata al folklore mediorientale e islamico, ed è abbastanza esotico da emozionare, attirare esplorare le diversità nel modo giusto.”
La Città di Ottone è stata finalista di numerosi premi di fantascienza e fantasy, tra cui il Crawford Award, il Locus Award, il British Fantasy Award, il World Fantasy Award e ha vinto il premio Booknest.eu come miglior romanzo d’esordio. Il romanzo è stato elencato nei migliori libri dell’anno da diversi media, come Library Journal, Vulture.com, The Verge e SyfyWire.
Chakraborty ha mancato di poco il voto finale per il premio John W. Campbell con un solo voto.
Il fascino orientale del libro
La trama trasporta il lettore in un mondo di mitologia e tradizione islamica, atterrando in una città sul bordo di un coltello e nel mezzo di un conflitto politico che risale al tempo di Solimano. Il libro è allo stesso tempo molto ben costruito e molto divertente.
“In realtà non è iniziato come un romanzo, ma come una sorta di progetto/esercizio di passione nella costruzione del mondo che non ho mai avuto intenzione di mostrare un’anima! Sono un grande appassionato di storia e con La Città di Ottone ho voluto ricreare alcuni dei meravigliosi mondi di cui avevo letto mentre esploravo anche le credenze tradizionali su Djinn. Un po’ in contrasto con la tradizione occidentale, si dice che i djinn siano esseri intelligenti simili agli umani, creati dal fuoco senza fumo e che vivono inosservati in mezzo a noi – un concetto affascinante, sebbene leggermente spaventoso, questa idea di creature che vivono silenziosamente in mezzo a noi, guardando spassionatamente l’ascesa e la caduta delle nostre varie civiltà.”
– dall’intervista di Twinning for Books
L’ambientazione è descritta accuratamente, grazie al minuzioso lavoro di costruzione della trama, e la prosa è eccezionale. Da una parte rallenta la narrazione, dall’altra permette di conoscere appieno una realtà a noi culturalmente lontana.
La città di ottone racconta una storia sull’oppressione e su cosa significa credere che il tuo sangue sia più puro di qualcun altro. Gli shafit vengono incastrati e uccisi per crimini che non hanno commesso, i loro figli vengono rubati e venduti, il più delle volte come schiavi che lavorano o schiavi del piacere.
Nel libro di S. Chakraborty è chiara la denuncia verso l’oppressione sistemica per rispecchiare magnificamente il nostro mondo di oggi. È un libro piuttosto potente per molte ragioni. Una di queste è che è una storia mediorientale bella, fortemente legata al folklore e alla cultura, intrisa con note fantasy che ne arricchiscono il contenuto.