La saga di Harry Potter dopo il suo debutto cinematografico ha sicuramente monopolizzato l’attenzione in ogni settore, compresi i prodotti videoludici.
Correva l’anno 2001 quando uscì il primo capitolo della saga, sia nelle sale cinematografiche che nei negozi di videogiochi, dove però si ritrovò conteso tra due console portatili. Dal 2000 tondo tondo era già uscito in commercio il Game Boy Advance, mentre la sua versione obsoleta, il Game Boy Color stava per raggiungere la fatidica data di “fuori produzione”: ovvero il 2003.
Nonostante ciò vennero rilasciati due giochi completamente diversi sulle rispettive piattaforme, un vero e proprio braccio di ferro tra i due Game Boy.
2001: Odissea ad Hogwarts! (Scusate non ho resistito) i game boy rilasciano contemporaneamente i giochi, per comodità semplificheremo i nomi in Color ed Advance. Il gioco della Pietra Filosofale per la versione Color è molto pixellosa, limite ovviamente dovuto allo schermo del game boy, ma astutamente risolto in una versione cartoonesca del mondo di Harry Potter, che non stona con la sua stravaganza. Il gioco era un Open World con combattimenti molto simili ai primi Final Fantasy (con tanto di musichetta finale) e si dimostrava molto fedele al libro piuttosto che al film, anche i giochi per tutte le piattaforme furono rilasciate in contemporanea alla proiezione nei cinema, quindi non era stato possibile costruire il gioco intorno alla versione cinematografica.
La versione Advance, invece poteva contare su una grafica più potente e puntò specialmente su quello, le meccaniche di gioco ebbero meno priorità e a suo malgrado il gioco si trasformò in puzzle game al quanto discutibile. Tuttavia entrambi i capitoli si dimostrarono altrettanto validi.
Nel 2002 i giochi furono rilasciati nuovamente la con la coincidenza delle sale cinematografiche e i due giochi si aggiornarono.
La versione Color migliorò le sue meccaniche di gioco e cercò, nei suoi limiti, di migliorare anche la grafica, rimanendo sempre in uno stile cartoonesco. L’Advance invece, migliorò molto la sua grafica puntando ad avvicinarsi sempre di più alla versione cinematografica, tuttavia rimase ancora principalmente con meccaniche da puzzle game (in alcuni casi molto discutibili).
Da un anno dalla fine della produzione dei Game Boy Color uscirono nel 2004 il film e i videogiochi del terzo capitolo della saga. Si potrebbe dire che lo scontro tra Color e Advance sia stato vinto da quest’ultimo, ma è andata veramente così?
All’inizio il gioco può sembrare la continuazione dei precedenti capitoli dell’Advance, ma in realtà il terzo cerca di prendere i lati positivi di entrambi per combinarli in una versione migliore, ci sono parti di puzzle game, ma almeno in quelle situazioni viene usata la magia, però i combattimenti sono un’eredità della versione Color. Graficamente si punterà ad avere un legame più forte con la versione cinematografica, ma al tempo stesso non mancheranno riferimenti ai libri.
Vorrei poter dire che dal Prigioniero di Azkban in poi i giochi della saga sulle console portatili siano diventati sempre migliori, ma purtroppo non è così. Nel 2005 ci fu un nuovo passaggio di console e l’Advance si ritrovò a coesistere con il Nintendo DS, dico coesistere perché a differenza di prima, dove c’erano enormi differenze, le due versioni sono omologate con il film. Infatti come era successo in piccola parte con il terzo capitolo, ma ora attuato in maniera più radicata tutte le versioni dei giochi (Playstation, PC, Xbox, console portatili) dovevano avere le stesse caratteristiche ed essere omologate ai film.
Sfortunatamente il Calice di Fuoco, sia per Advance che per Nintendo DS, si rivelò un puzzle game senza parti davvero interessanti. I capitoli successivi corressero un po’ il tiro, ma rimane comunque il grande affidamento che si faceva sullo schermo touchscreen.
La saga videoludica di Harry Potter ha conosciuto ben tre generazioni di console portatili, vendendo la loro nascita o il loro tramonto, in un caso persino entrambi, di sicuro questa saga ha contribuito non poco all’evoluzione videoludica che è arrivata fino ai giorni nostri.
Belharza.
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