Il processo ai Chicago 7 di Aaron Sorkin – In corsa per gli Oscar
Inauguriamo oggi la rubrica che ogni anno torna in auge: #incorsaperglioscar. Cominciamo con Il processo ai Chicago 7, disponibile su Netflix.
Trama
Esponenti della rivoluzione culturale giovanile – di sinistra – vengono scelti come capro espiatorio per la violenta repressione delle proteste avvenute durante la convention democratica di Chicago del 1968. Con loro viene accusato anche Bobby Seale, co-fondatore del movimento delle Pantere Nere, che, quel giorno, a Chicago, era rimasto solo per quattro ore. Accusato di omicidio, gli viene “permesso” di avere un avvocato che, sfortunatamente, deve essere operato il giorno dell’udienza.
Per cui, nei sei mesi successivi, lui non viene rappresentato da nessuno.
Il giudice fa di tutto per rendere impossibile ai ragazzi di testimoniare. Non solo è di parte, ma è propenso a strane decisioni, mostrando sempre più quanto sia irregolare quel processo.
Commento
Candidato a Miglior Film, Miglior attore non protagonista, Miglior Fotografia, Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior canzone originale e Miglior Montaggio, Il processo ai Chicago 7 è una pellicola dalle battute rapide e brillanti. Un film con un ritmo incalzante, con pochi momenti di pausa, quasi a voler aiutare lo spettatore a empatizzare con i personaggi, con le loro parole e i loro flashback.
Il maggior momento di pathos riguarda proprio Bobby Seale, interpretato da Yahya Abdul-Mateen II. Dopo aver avuto il suo climax drammatico, esce di scena, nella prima parte del film. Il processo viene messo in scena in modo grottesco. Il giudice e la sua incredibile interpretazione sono di Frank Langella. Dall’indignazione, Sorkin sposta la dialettica sulla satira, sul grottesco, sul ridicolo. Lo spettatore sa cosa sta succedendo ed è cosciente che, nonostante la situazione grottesca a cui sta assistendo, i 7 sono condannati. Questo è veramente un processo politico.
Nel tentativo di rendere meno assurda la narrazione, Sorkin ha poi arricchito di dubbi e sensi di colpa l’avvocato dell’accusa incarnato da Joseph Gordon Levitt, il nostro Robin di Nolan, ma così facendo il giudice sembra una scheggia del tutto impazzita. Sempre più grottesco insomma.
Il ritratto degli yippie, guidati da Abbie Hoffman e Jerry Rubin, fautori della rivoluzione culturale giovanile, sono capeggiati dal futuro politico Tom Hayden, interpretato da Eddie Redmayne.
Per quanto sia un bel film, con un buon ritmo, Sorkin ha qualche problema nella gestione dei tempi, proprio nella durata del film. Spesso cade in una sorta di autocompiacimento.