“Il vuoto di Yamauba” di Emanuela Imineo – recensione

“Il vuoto di Yamauba” di Emanuela Imineo – recensione

Maggio 24, 2021 0 Di Poison El

Dopo la presentazione e il blogtour, è il momento della recensione.

Di cosa racconta questo libro? Perché è importante leggerlo?
Perché lascia qualcosa che scava dentro di noi, che raschia, che s’inserisce e rimane.

Il vuoto di Yamauba

Il vuoto di Yamauba

Giappone, età feudale. Yamauba è divenuta mamma di uno splendido bambino. Il marito, stanco di quella donna che ormai ha trovato nel figlio il fulcro dell’esistenza, escogita con sua madre un piano per liberarsene: spingerla al suicidio, facendole credere di aver avvelenato il piccolo con il proprio latte. Così avviene e Yamauba, additata come strega e aggredita dagli abitanti del villaggio, è costretta a rifugiarsi in una caverna sui vicini monti. Convinta di aver ucciso il figlio decide di lasciarsi morire ma, per volere degli Dei, Yamauba sopravvive scivolando nella follia. Tra foreste cupe e distese innevate, la sua unica compagnia saranno gli Yokai: spiriti crudeli e pericolosi, votati all’inganno. Guidata da uno di essi, Yamauba cederà ai peggiori istinti, nutrendosi di carne umana e accettando di perdere l’anima.
Incapace di continuare a vivere, Yamauba cerca di suicidarsi. Lei, che non desiderava altro che donare se stessa, il suo amore, ora deve confrontarsi con un dolore che le spezza l’anima. Accoglie però quello che lei crede essere il volere degli Dei: sceglie di diventare un mostro, guidata dal puro istinto, alla continua ricerca del sangue.

E con il dolore che ha inizio questa storia.

Ma chi è Yamauba?

La strega Yokai Yamauba attinge direttamente dal folklore giapponese: un dolore che chiama altro dolore, sangue che chiama altro sangue. E carne umana. Il tormento di una donna senza pace, in grado solo di provocare morte. Una dama dalla montagna. Magnifica, terribile, costretta a essere mutevole e cangiante.

Yamauba diventa un pozzo che attira dolore, assimila tristezza e diviene arida, come una pallida pagina strappata e rattoppata. Magari anche sporca. Come unghie che raschiano il vetro, la scrittura di Emanuela raschia la nostra anima.

Ogni parola tocca corde che nessuno avrebbe mai potuto pensare di avere e diventa crudele, perché viva, reale, che distrugge. Una storia che, nella sua condannata sterilità, arricchisce.