Mettetevi comodi e iniziamo questa strana intervista!
Noi siamo un trio, allegri e pieni di brio…
O almeno così è cominciata, undici anni fa.
Le tre scimmiette seriali o della serialità sono Paolo Ferrara, Michelangelo Alesso e Matteo De Simone.
Poi in realtà siamo diventati un quartetto: Fabrizio Cucci è stato per anni nell’ombra e santo salvatore dei problemi tecnici (il “problema tecnico®” è il nostro unseen character), spesso ospite e infine quarta scimmietta della serialità.
Ahahah!
In realtà, anche se ci piacerebbe molto fosse così, la radio è per noi un hobby. Ognuno di noi ha una vita parallela e almeno una seconda, terza identità, almeno lavorativa. Nello specifico:
Paolo: mentre tentavo di fare diventare l’atto del raccontare un mestiere, sono passato da svariati lavori di ogni genere: da tecnico di laboratorio metallografico (‘er CSI dell’acciaio) a proiezionista, da operatore di call center a libraio. Al momento sono un libero professionista che si occupa di scrittura a 360° e di insegnamento, sempre nell’ambito dello storytelling.
Michelangelo: tanti lavori da precario ma anche il web designer, l’illustratore, il grafico e un oscuro e misterioso passato da fumettista insieme al buon Matteo De Simone. Da anni lavoro in un’azienda privata e mi occupo della sua comunicazione grafica, di elaborati di stampa e un po’ di progettazione web, insomma tutte quelle amene attività di “copertura” che in genere utilizzano i supereroi.
Matteo: io sono un ingegnere informatico e, dopo varie incarnazioni, oggi mi occupo di innovazione tecnologia e di processo per Startup e PMI che vogliono lanciare nuovi prodotti sul mercato.
Come capita spesso, per puro caso. Undici anni fa Matteo era un cliente della fumetteria gestita da Paolo. Chiacchierando chiacchierando, oltre ad abbattere drasticamente la durata dello stipendio di Matteo, escono fuori diversi interessi in comune. In quel periodo Matteo sta svolgendo un dottorato di ricerca al Politecnico e tra le varie cose vuole sperimentare diverse tecniche di post-produzione video ed effetti speciali. Gli serve un cortometraggio che ne sia pretesto. Gli serve una storia. Un’informazione che appena arriva alle orecchie di Paolo si traduce in un sorriso a 32 denti. Nasce il progetto di Precario, cortometraggio comedy di supereroi e problemi casalinghi, che, per essere finalizzato ha bisogno anche della mano di un buon grafico e disegnatore che si occupi di studi che traducano in realtà i personaggi di Paolo e che si occupi di realizzare gli storyboard che permettano sia di gestire il lavoro per il girato con persone in carne e ossa, sia, soprattutto, degli innesti con gli effetti speciali. Ma non c’è problema: Matteo ha un amico che fa al caso nostro, Michelangelo.
Precario viene girato nel minuscolo appartamento dove vive Paolo e per le strade di Chieri, montato in una serie di lunghe serate dopo la chiusura nella fumetteria gestita da Paolo… ma non viene finalizzato. Purtroppo, proprio la parte degli effetti speciali ha subito degli intoppi che non sono poi mai stati risolti. Ma intanto i tre hanno cementato. Matteo poi aveva iniziato una collaborazione con una piccola web radio locale, l’associazione culturale Radioohm, e quando scopre che Paolo ha condotto un programma radio sul fumetto per Radio Città Fujiko per 5 anni quando era a Bologna, gli propone di pensare a qualcosa da infilare nel palinsesto di RadioOhm. Un paio di serate al pub dei tre e prende vita Sono Cose Serie, programma dedicato a tutti ciò che è seriale.
Come abbiamo raccontato, da un lato potremmo dire che è stato “un po’ per caso”. Ma sicuramente ognuno di noi ha delle ragioni specifiche sul suo rapporto con la radio:
Paolo: ho sempre avuto un certo interesse in generale per la voce e le sue applicazioni. In passato ho frequentato corsi di teatro e improvvisazione e ho sempre avuto una passione per il doppiaggio. La fascinazione per tutto quello che era in grado di trasmettere e di fare provare una voce su un semplice disegno in movimento, è qualcosa che mi ha a sempre colpito con forza. La radio, tra i primissimi media della storia, è uno strumento che permette una gamma incredibile di possibilità. Tutte però veicolate solo attraverso la voce e il suono. Come non innamorarsene?
Michelangelo: da fruitore, la radio scandisce molte ore della mia giornata tipo, sicuramente più della televisione. E, come Paolo, partendo dalla fascinazione del doppiaggio dei “Cartoni animati” (o per meglio dire quelle che volgarmente vengono chiamate “le vocine”) ho sempre avuto una grande curiosità per le potenzialità espressive della voce, che ho però approfondito in altri ambiti. Ho studiato Tecnica Vocale e fin da adolescente ho militato in band locali come cantante. Sono Cose Serie, in radio, mi permette di fare tantissima ricerca anche in quel senso, con il grande vantaggio di poter parlare di cose che mi piacciono ascoltando buona musica (cosa volere di più?).
Matteo: per me è un amore tardivo. Ascoltatore “da automobile”, quando incrocio RadioOhm e faccio la mia prima trasmissione (dedicata al cinema) scopro una dimensione espressiva incredibilmente potente: lo spazio della parola parlata è immaginifica e immediata ma anche ragionata e finalizzata. Trovo la radio uno strumento di grande libertà espressiva e un buon compromesso tra i media più solitari (come la scrittura) e quelli produttivamente troppo impegnativi (come la Tv). Dovreste provare tutti! Vi invito a contattare RadioOhm.it: organizza corsi formativi per tutti gli aspiranti speaker o tecnici ed è sempre alla ricerca di nuove idee!
Bella domanda. Sicuramente ancora per un po’ sarà terra di noi Nerd, anche se si allargherà la fetta di streamer che si dedicheranno ad altro rispetto al gaming. Poi c’è un tema non secondario che potrebbe determinare il futuro della piattaforma: la velocità che ci metteranno gli e-sport a diffondersi tra i non-nerd. Al momento, dopo essersi diviso il mercato dello streaming con Netflix e Disney, Amazon (che possiede Twitch) sta puntando ad aprire il fronte degli eventi sportivi live. Ecco, Twitch potrebbe essere lo strumento per aggredire quello spazio: diventerebbe una piattaforma per sportivi, incredibile no?
Per noi di Sono Cose Serie, Twitch è uno spazio di sperimentazione. Abbiamo un canale e una trasmissione saltuaria che ci piacerebbe rafforzare nei prossimi mesi: Old Nerd Cafè. Qui parliamo di tutto quello che un format radiofonico strutturato come il nostro lascia fuori (e di qualche passione non seriale che abbiamo).
È difficile cercare di inquadrare l’odierno mondo Nerd dal nostro punto di vista… abbiamo l’impressione che la nostra generazione (quella nerd-geek nata negli anni ‘70 e formatasi tra ‘80 e ‘90) oggi viva la propria esistenza nerd con un misto di languida nostalgia per il passato e cauto sospetto per la novità. C’è un riferimento filosofico ovvero l’Etica Hacker (leggete Richard Stallman, Pekka Himanen e Steven Levy per approfondire) che si è perso: il significato sociale del termine Nerd è molto cambiato e ha perso le radici identitarie di esclusione sociale che la nutrivano. Dall’orgoglio di essere dei perdenti all’essere dei vincenti, è un bel salto. Guardate come è cambiato il personaggio di Peter Parker nei film… Il nuovo Nerdismo dovrebbe prendere consapevolezza di questo aspetto prima o poi: come puoi conservare l’identità di outsider se sei diventato il main stream?
Per sintetizzare, il panorama nerd attuale ci sembra molto vivace e stimolante, a volte pure troppo!
Ognuno di noi ha una formazione leggermente differente, quindi combinati potremmo dire tranquillamente che la nostra è una formazione completa. C’è però un limite, come detto sopra, soprattutto anagrafico (e sì, siamo dei “V.d.M”, vecchi di m@#€a): il che significa che su molti fronti la nostra formazione nerd ha un orientamento piuttosto pre millennial…
Paolo: dividerei in due fasi. Quella inconsapevole e quella consapevole. Nella prima fase, i primi fumetti che ricordo sono un gruppo formato da Topolino, Geppo e Dylan Dog. Erano dal barbiere. O sulle bancarelle al mare. O nei bustoni offerta nelle edicole. Avventure che ti capitavano per le mani senza alcuna forma di controllo e spesso di scelta. E ovviamente mai abbastanza. Poi, tra le medie e le superiori, un amico mi passa i primi numeri di Image Comics della Star Comics, con Spawn, Wildcats, Youngblood… e le pubblicità dei manga di JoJo e Orange Road. Da lì quello che fino a quel momento era stato una serie di incontri totalmente casuali è diventata una passione divorante…
Michelangelo: Topolino. Però il colpo di fulmine per l’arte sequenziale lo ebbi aprendo un bustone, in vacanza, con una mega raccolta de “I Fantastici Quattro” di Stan Lee e Jack Kirby: tra le storie proposte, quella in cui i FQ perdevano i loro poteri e Daredevil li aiutava a recuperarli (Un cieco li guiderà! / Battaglia al Baxter Building). Dylan Dog forse è stata la prima serie Bonelli che ho cominciato a seguire regolarmente.
Matteo: tecnicamente Topolino ma in realtà la consapevolezza di cosa fosse un fumetto e quello che mi ha aperto la porta a quel mondo e al collezionismo è stato Tutto Martin Mystere n°1. Lo scoprii in una pubblicità di un Dylan Dog che un amico più grande (lui appassionato) mi fece leggere (primo fumetto per “grandi” della mia vita). Quindi dovrei rispondere Dylan Dog, ma Martin Mystere fu quello che fece la differenza.
Domanda che risulta più difficile di quel che pare. La memoria è spesso fallace e mescola le carte. Ci proviamo:
Paolo: difficilissimo ricordare la prima: troppe immagini che si sovrappongono: la televisione durante l’infanzia era una specie di costante. Ma tra i primi ricordi sicuramente c’è quello di cui possedevo una maschera e che i miei mi portarono a vedere persino al cinema (quando in sala si portavano film di montaggio di episodi TV): Jeeg Robot d’Acciaio. Ma in effetti mi portarono al cinema a vedere anche Heidi e con mio cugino i pomeriggi da nonna giocavamo sempre a Batman e Robin…nananananaaa
Michelangelo: UFO Robot Goldrake, ma forse è più probabile Heidi.
Matteo: Ricordo più vecchio che ho è quello del televisore bianco e nero dove per la prima volta vidi UFO Robot Goldrake. Poi la tv divenne una compagna fedele: l’unico evento seriale che penso di aver mancato sia Visitors (che mi fu vietato per questioni anagrafiche), poi ce l’ho tutti.
Anche questa scelta è in realtà difficilissima. Si sovrappongono questioni puramente qualitative a quelle deliziosamente personali. Proviamo a dare le nostre rose personali:
Paolo: Ralph Supermaxieroe. A distanza di anni, di centinaia di letture e di cinecomics, Ralph resta ancora il mio supereroe preferito, della TV e anche in assoluto. Più impacciato che imbranato: la serie è molto meno comica di quel che si crede (più ironia che demenzialità), e lo rende uno dei più umani tra i tanti di ispirazione “supermaniana”.
Ai Confini della Realtà. Meraviglia pura sotto parecchi punti di vista, che non tramonta neppure con l’età ormai vetusta di effetti speciali e il bianco e nero.
Farscape. Serie di fantascienza ingiustamente poco nota. Parte bene, diventa sempre meglio. Idee, guizzi, personaggi, pupazzi (della Jim Henson’s Company!). Magari imperfetta, ma puro sense of wonder.
Michelangelo: “Star Trek” dalla serie originale fino alle ultime incarnazioni, anche se devo confessare che gli ultimi prodotti, per me, hanno perso molto del loro fascino e spirito trekker. “Doctor Who”: dalle sparute visioni sulla RAI degli anni ‘80 al nuovo revival del 2009. “Farscape” (se non ricordo male fui io a consigliarla alle scimmiette: ero talmente impallinato, al tempo, che mi ero iscritto anche al FarScape Italian Club), serie mai troppo celebrata che ribalta stereotipo dell’alieno e che presto riguarderò (credo di essere arrivato al terzo rewatch).
Matteo: Affezionati? Allora sicuramente la serie editoriale “Il miglio verde” di Stephen King, nell’edizione a puntate settimanali che comprai in edicola: fu un’esperienza unica che cambiò il mio punto di vista sulla serialità. “Dexter”: non una serie tv perfetta ma stabilì con essa un rapporto simbiotico (e forse dovrei preoccuparmi per questo). E poi metterei una serie cinematografica: Die Hard, perché non è Natale senza John McClane.
Altro campo in cui tre diventa un numero estremamente limitante. Più che altro sceglierne solo tre significa sentirsi in colpa per quella lunga lista che stai comunque escludendo. E ritrovarsi, appena hai scelto, a pensare: “nooo, dovevo mettere questo e quest’altro!”. Ma che dire, ci proviamo:
Paolo: La Boutique del Mistero di Dino Buzzati (e tutti i suoi racconti). Scoperto alle medie, mi ha spalancato davanti nuovi mondi e un’idea tutta nuova della lettura e della scrittura.
Il vangelo secondo Biff di Christopher Moore: comicità che si fonde con l’avventura che si fonde con la filosofia che si fonde con un sacco di altra roba. Sorprendente e intelligente.
Gli Sporcelli di Roald Dahl. Per tutto. E per i disegni di Quentin Blake.
Michelangelo: qualsiasi cosa scritta da Isaac Asimov. Periodicamente rileggo l’intero Ciclo della Fondazione e adoro la serie de Il Club dei Vedovi Neri. E poi Sherlock Holmes e Il Signore Degli Anelli.
Matteo: IT di Stephen King, che mi ricorda i viaggi lunghissimi in treni tristissimi tra terra natia e Università. La tetralogia di Bartimeus, perché mi ricorda un periodo della mia vita di cui a volte ho nostalgia e a volte no. E per finire la “Divina Commedia”, un’eredità degli studi liceali che ho imparato ad apprezzare appena uscito dal liceo: forse l’unico libro che rileggo regolarmente.
L’abbiamo già detto quanto sia difficile fare selezioni così limitanti? Va bene, andiamo avanti…
Paolo: classifica impossibile, ma ne butto lì 3 che sicuramente, se non sono i tre, sono tra i fumetti più belli mai scritti.
Sandman. Mito, letteratura, fumetto e scrittura postmoderna che si fondono con intelligenza, ironia e grande scrittura. È ancora il punto più alto di Gaiman, ispirato come non mai.
Corto Maltese. Hugo Pratt ci ha messo tutto. Cuore, poesia, Storia, letteratura novecentesca, il mare, il sogno e uno dei personaggi più vividi e intensi del mondo delle anime disegnate.
L’Eternauta. Un fumetto di fantascienza che colpisce allo stomaco perché racconta in maniera dirompente e con continue invenzioni la realtà umana e il dramma Argentino…
Ma fatemi citare almeno anche qualsiasi produzione di Sergio Toppi e Gianni De Luca!
Anche sul preferito è difficilissimo. E allora gioco di sponda: dico Batman. Il personaggio tout court. Perché su di lui il fumetto ha fatto tutto: autori (di qualsiasi valore e nazionalità, persino il crossover con Dylan Dog, quello col fumetto di Hong Kong, almeno tre versioni manga e una BD!), stili grafici, approccio di qualsiasi genere, dal popolare allo sperimentale, dalla pura action all’introspezione psicologica pura, qualsiasi genere narrativo, dal noir all’horror alla sci-fi più estrema, fino alla comedy e al superdeformed pasando per esperimenti biografici (per citarne una su tutte: Batman Jazz che si ispira e in racconta seppur con pseudonimi un pezzo della storia del sassofonista Charlie Parker). Insomma “fumetto” e “Batman” hanno una notevole sovrapponibilità.
Michelangelo: non so se siano davvero i più belli ma su questi ci ho sicuramente lasciato un pezzo di cuore. “Saga” di Brian Vaughan e Fiona Staples, un’opera dirompente e di rara fattura, capace di coniugare dramma, space opera e tematiche “adulte” in maniera sorprendente. “L’eternauta” di Héctor Oesterheld e Francisco Solano López, una delle pietre miliari della fantascienza, la sua potenza narrativa fu uno shock alla prima lettura. Ultimo ma non ultimo “I Fantastici Quattro” (sublime la run di John Byrne degli anni ‘80): la prima famiglia di supereroi ha accompagnato molta della mia vita da lettore di fumetti. Storie straordinarie che combinano alle tematiche “classiche” del supereroe con superproblemi, molta della fantascienza speculativa più sfrenata, fonte di ispirazione per decine e decine di autori contemporanei. Per finire non ho un fumetto preferito ma un artista… recuperate qualsiasi cosa disegnata da Adam Hughes! Un Maestro inarrivabile.
Matteo: Uh… ah… acc… difficile! “V for vendetta” di Alan Moore e David Lloyd, un’opera che mi sembra che ringiovanisca con il tempo invece di invecchiare. L’italianissimo Ken Parker di Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo, perché è un poetico viaggio di contro-visione del modello Bene/Male affermatosi e importato da noi negli anni 80 e 90 dagli Stati Uniti. Essere nel mercato del fumetto e usare il Western per raccontare storie ricche di sensibilità “più europee” definisce l’importanza per il fumetto del Vecchio Continente di opere come queste (in quel periodo). E non potrei non mettere nel mucchio “Batman: Il ritorno del Cavaliere Oscuro” di Frank Miller, perché quest’opera è uno snodo cruciale della storia del fumetto: c’è un prima e un dopo, ai tempi in cui la DC aveva ancora il coraggio di osare.
Il mio preferito? In questo momento storico, direi il Batman di Miller, non tanto per il personaggio (è il mio supereroe preferito) ma perché parla dell’incapacità della società di salvarsi, di uscire dalla difficoltà di affrontare proattivamente il caos che essa stessa ha creato. Quelli bravi direbbero Nichilismo Attivo, io dico, leggete “Il ritorno del Cavaliere Oscuro”.
Paolo e Michelangelo: non è una vera graphic novel, perché mini di 12, ma tanto è così che viene trattata e così viene spesso gestita editorialmente, per cui: “Watchmen” di Alan Moore e Dave Gibbons. Un fumetto a orologeria, perfetto, che ha sconvolto il mondo del comic book americano, la nostra percezione sui supereroi … e ancora non ha finito di farlo a quasi 40 anni di distanza…
Matteo: Non che non apprezzi “Watchmen” come i miei esimi colleghi, ma per me non è Graphic Novel se non l’ha scritta Will Eisner. Io piazzo sul mio podio sicuramente “New York”, che raccoglie 4 lavori del Maestro legati alla Grande Mela. Sono storie che hanno la capacità narrativa di creare un mondo da poche tavole (che ho ritrovato solo nei racconti dello scrittore Carver), condita con l’innovatività visiva per cui nulla puoi aggiungere e nulla puoi togliere: perfezione.
Paolo: abbiamo un addetto specifico, il De Simone maledetto, ma se devo buttarne lì una, Supaidaman (ovvero il telefilm con la versione giapponese in chiave super sentai di Spiderman, con tanto di robot gigante trasformabile, Leopaldon) si candida bene…
Michelangelo: questa è più una domanda per Matteo De Simone Maledetto! La serie di Batman degli anni ‘60 vale?
Matteo: Solo una!?! Ma è la domanda più difficile di tutte! Allora, io apprezzo il trash “dal cuore puro”, fatto con la passione e l’inconsapevolezza del risultato, quasi naïf. Quindi la Lory Del Santo, ha sicuramente la palma d’oro con “The Lady” ma se cercate qualcosa che sia nata in circuiti ad alto budget, recuperate “Superstition” con Mario Van Peebles: perché il trash è ovunque, è un modo d’essere prima che di fare e non c’è budget che possa fermarlo. La trovate ora su Netflix, mentre la nostra recensione la trovate qui.
Come “Sono Cose Serie” siamo sempre in fermento per riuscire a “portare” a casa decine e decine di idee che ci vengono durante l’anno. Ma prima di tutto speriamo, con la stagione radiofonica 2021/2022 di www.radioohm.it di tornare insieme in studio: durante la pandemia la diretta in presenza ci è mancata tantissimo!
Poi potremmo dare una piccola anteprima: stiamo lavorando aun corposo progetto super segreto seriale… ma siamo a una fase quasi embrionale e non possiamo aggiungere altro!
Ditemi che anche voi avete apprezzato quel bellissimo capolavoro senza errori di CGI intitolato The Warriors con Dave Bautista…
(non è assolutamente un caso che io stessi facendo zapping e abbia visto Bautista vestito da guerriero e tutto “pitturato”).
La nostra religione (la Sacra Serialità), non si consente di parlare di prodotti non seriali e “The Warrors Gate” è un film che – da quello visto dal trailer e da un paio di clip trovate su youtube – ci auguriamo non abbia un seguito. Quindi (per fortuna) non l’abbiamo visto. Ma visto che ce lo consigli… 🙂
Tales from the loop: malinconia fa rima con tecnologia o il resto è “noia”?
Altissima fattura su una costruzione vuota e inconsistente, al pari di un bell’esercizio di stile a tratti persino pretenzioso. Se vi interessa, ne abbiamo parlato in una puntata del 2020.
Ci è piaciuta molto. Nel suo mix di tante cose, molte distanti tra loro, come i toni più exploitation e quello del terribile dramma umano, Hunters è riuscita a mantenere un equilibrio avvincente e a svilupparlo con un piglio che si gioca ottime carte registiche e una collezione di grandi prove attoriali e personaggi dalla notevole gamma di sfaccettature.
Ne abbiamo parlato in una puntata della 10ma stagione.
Paolo: Diversi, ma in genere il 99% ruota sempre intorno a tutto ciò che racconta o permette di raccontare storie… Scrivo anche recensioni su diversi portali.
Michelangelo: la musica. Spero presto di tornare ad esibirmi live.
Matteo: creo videogiochi con un gruppo di amici appassionati. Magari ne finiremo anche uno, un giorno. Te lo farò sapere.
Come collettivo “Sono Cose Serie” le cose di cui siamo più fieri (finora) sono:
Abbiamo in programma però altre novità… stay tuned!
Paolo: Io ho qualche pubblicazione all’attivo, tra fumetti, libri illustrati per bambini, racconti vari tra horror e scifi. Cortometraggi, testi per un paio di videogame (usciti per PC, PS4 e Nintendo ds), un programma/podcast dedicate a storie raccolte nei luoghi di passaggio, Crocevia (https://sonocoseserie.it/crocevia/) e diverse cose in arrivo tra narrativa, saggistica e fumetti tra il 2022 e il 2023…
Come diciamo spesso nelle nostre dirette radiofoniche: “Cercate Sono Cose Serie su Google e vi si aprirà un mondo…”. Sicuramente il nostro podcast lo trovate su Spotify e iTunes. Più semplicemente su www.sonocoseserie.it 🙂
11×31 – Giulia Previtali, poi Them. E la chiudiamo qui.
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