Encanto è il nuovo film d’animazione della Disney sbarcato al cinema e successivamente su Disney+.
Ammettiamolo, qualcosa è cambiato in casa Disney. Una volta, la protagonista di Encanto sarebbe stata Isabella: bella, perfetta, delicata, gentile, oppressa da quella stessa perfezione. Un’oppressione che, ovviamente, non andava mostrata o percepita.
Questa volta, la protagonista è Mirabel, ragazza impacciata, con il viso tondo, il naso grande e le sopracciglia folte. Simpatica, presente e tanto dolce, con un peso nel cuore.
La famiglia Madrigal vive nascosta tra le montagne della Colombia in una casa magica, frutto di un miracolo verificatosi tanto tempo prima. Questa magia, inoltre, ha donato a tutti i membri della famiglia un potere unico. Tranne Mirabel.
Quando proprio quest’ultima scopre che la magia che circonda il luogo è però in pericolo, capisce che lei, l’unica Madrigal ordinaria, può essere l’ultima speranza della sua straordinaria famiglia.
Il percorso che Mirabel deve percorrere per salvare la magia è diviso in tappe, punto di percorso che non devono necessariamente essere visti come “qualcosa che scopre su se stessa”, ma come “qualcosa che scopre sui membri della sua famiglia”.
E allora Isabelle può mostrarsi oppressa per la sua perfezione e il suo dono “delicato”. Perché far crescere solo peonie e fiori “belli”? Perché non può creare cactus?
Ognuno dei personaggi è infatti schiavo del proprio talento, dietro al quale si nasconde però quella fragilità e complessità che ci rende umani.
Ma Mirabel, in tutto questo, come si sente? Si mostra forte, ma è difficile quando il 70% del film gira attorno al concetto che “la famiglia Madrigal a parte Mirabel è speciale”.
Ma, detto questo, lei fa della sua umanità, la sua gentilezza, dell’amore per la sua famiglia, la sua “specialità”.
Molto più difficile e coraggioso è invece mostrarsi per ciò che si è davvero, con tutti i propri pregi e difetti. Soltanto facendo così ci si può aprire a chi ci circonda, evadere le aspettative e costruire rapporti più sani.
Encanto non è un film d’animazione facile e, forse, non è adatto ai bambini. Si presenta come una metafora sulla famiglia, sulla necessità di essere ciò che si è. Ognuno di noi è speciale.
Ma la struttura narrativa presenta ingenuità belle forti. Non è facile far trasparire a un bambino il messaggio che: tutti siamo speciali, se la maggior parte della durata della pellicola si sente dire a Mirabel: “ah, tu non hai un potere?”.
Sì, con un bello spiegone finale riusciamo certamente a farlo capire, ma in questo la sceneggiatura pecca parecchio.
Al contrario, il comparto tecnico ed estetico merita una menzione: è visivamente d’impatto, bello da vedere, una gioia per gli occhi.
Inoltre, brani come Waiting for a Miracle, Surface Pressure e We Don’t Talk About Bruno, composti da Lin-Manuel Miranda, sono irresistibilmente coinvolgenti e le animazioni ricche di fantasia e colori.
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