Il titolo perfetto per l’opera del regista, La fiera delle illusioni, come un coronamento del percorso di Del Toro.
Si tratta di un vero e proprio imbonitore da fiera, il nostro protagonista da fiera è Bradley Cooper, in una delle sue interpretazioni migliori, forse.
Il percorso di Guillermo Del Toro, però non inizia da qui. Parte con Cronos del 1993, un prodotto in cui la narrazione, raccontando di un alchimista del sedicesimo secolo. Poi è passato al Labirinto del Fauno, poi la Forma dell’acqua, passando ovviamente per Hellboy e Crimson Peak.
Come sempre, i suoi film creano specchi del passato, ricreano atmosfere che potrebbero anche essere possibili sequel di altri film. Forse sì, con storie diverse, ma con la stessa atmosfera. Cos’è La forma dell’acqua se non un ipotetico sequel de Il mostro della laguna nera di Jack Arnold? Certo, dovete aggiungerci altro, come la Guerra Fredda, sentimenti, e personaggi differenti. Ma è davvero così assurdo che le stesse atmosfere possano essere dei sequel?
In questo caso, si tratta de La fiera delle illusioni, che non è soltanto un richiamo al film omonimo del 1947 – diretto da Edmund Goulding – ma anche di un genere: il noir, di cui riprende le atmosfere. E, diciamo, un modo di cinema, ben poco attuale alla contemporaneità. Ma sempre ben fatto.
Un giostraio ambizioso con un talento per manipolare le persone con poche parole ben scelte inizia una relazione con una psichiatra che si rivela essere ancora più pericolosa di lui.
Questa è la trama in poche righe.
Per quanto Del Toro non si smentisca mai, stavolta è un prodotto che ne risente nel ritmo, creando alti e bassi. La fiera delle illusioni è un prodotto che, appunto, si prende i suoi tempi, che non segue per niente il modus operandi per cui il cinema deve intrattenere – pensiamo a Netflix, Prime o Apple – e che racconta una inesorabile devastazione psicologica di un essere umano che passa dall’essere umano a essere una bestia.
Del Toro ci ha guidato all’interno dei suoi tendoni circensi, facendoci scoprire magie, freak e creature fantastiche di vario genere. Anche nel titolo originale del film, Nightmare Alley, c’è tanto di una poetica che ha sempre attraversato vicoli e corridoi spaventosi, puntando sui fantasmi del passato e su inquietudini primordiali.
Cast da urlo, recitazione non da meno. Fotografia superlativa e scenografia senza uguali. Ma la sceneggiatura? Quella scricchiola parecchio.
Un film che forse, però, non si meritava la candidatura agli Oscar (Miglior film, Miglior costumi, Miglior fotografia, Miglior scenografia). O forse sì?
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