Napoli è una città che non si può vivere per sempre e questo Sorrentino lo sa. Si tratta di una città da cui si scappa, ma da cui si ritorna sempre.
È stata la mano di Dio è un film di Paolo Sorrentino, candidato agli Oscar 2022 nella categoria di Miglior Film Internazionale.
La pellicola racconta la storia di Fabietto, ma anche di come vive Napoli l’arrivo di Maradona, che a suo modo salva la vita del ragazzo.
È stata la Mano di Dio: una reinvenzione autobiografica di quando Sorrentino perse i genitori a 16 anni e un ritratto partecipato e lontano dallo stereotipo dello spirito di Napoli.
È stata la mano di Dio è lettera d’amore, una storia biografica romanzata. Presentato a Venezia 78 e poi approdato su Netflix, impara la bellezza della regressione, come una canzone nell’aria. Si nutre dello stile onirico del regista partenopeo, inondando la vista di immagini quasi paradossali e personaggi di finzione.
Il designer Alessandro Lanza ha deciso di omaggiarlo con un’opera underground che ripropone la scena cult in cui Fabietto Schisa corre in motorino insieme al padre e alla madre con sullo sfondo il mare di una meravigliosa Napoli:
“Paolo Sorrentino rappresenta il massimo orgoglio internazionale cinematografico al momento per l’Italia. È un autore straordinario e da campano ho voluto omaggiarlo dandogli così il mio particolare in bocca al lupo per l’Oscar, tifiamo tutti per lui”, le parole di Lanza.
L’opera è un quadro in stile underground azzurro come il mare di Napoli delle dimensioni 100 X 70 a tecnica mista : spray marker e marker a smalto.
Non ti disunire!
Ma cosa significa davvero?
Non ti disunire mai, non te lo puoi permettere. Perché non ti hanno lasciato solo, ti hanno abbandonato.
Disunire significa quindi perdere la propria unità, la propria essenza, il proprio essere, che nel dialogo pare indissolubilmente legato alla permanenza di Napoli e a quel concetto di napoletanità di cui è permeato l’intero film.
Non perdere mai te stesso.
La scena più bella è proprio quella finale, con Capuano. Brividi che emozionano lo spettatore senza lasciargli scampo. Perché Fabietto è stato lasciato solo, perché è sempre stato solo.
Infine, l’ultima scena vede Fabietto pensieroso sul treno, mentre abbandona la sua città e ne saluta uno dei simboli, il monachiello di cui si parlava nella scena iniziale che ha visto sua zia Patrizia, una delle donne più belle per lui.
Il consiglio di Capuano non è stato seguito: Fabietto, Sorrentino in verità, sceglie di disunirsi, di lasciarsi alle spalle la sua identità e i suoi ricordi (molti dei quali dolorosi) napoletani per costruire qualcosa di nuovo, una vita a Roma.
Una scelta difficile che lancia Fabio nella sua maturità e nella sua crescita personale. Disunirsi porta quindi a trovare sé stesso e la propria realizzazione personale, a costo di soffrire un distacco dalla propria terra. E nessuno meglio di Sorrentino poteva raccontare con tanta leggerezza un momento così drammatico e ricco di tensione emotiva.
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