Review Party – I lupi dorati di Chokski
Roshani è un nome davvero inusuale, che significa “Luce” il cognome poi, Chokshi, ci fa capire che dietro questa scrittrice di 32 anni c’è un mix di storie e di culture. Padre indiano e madre filippina, Roshani racconta le sue radici anche attraverso i suoi personaggi e le vicende che li vedono protagonisti, in una finzione narrativa che deve però molto alla storia reale.
Nelle note, l’autrice di I lupi dorati ci tiene a farci sapere che questa trilogia ha preso spunto da
una notizia ascoltata alla radio, un accenno agli zoo umani che presero piede nelle varie
Esposizioni Universali organizzate in giro per il mondo. Una tribù di filippini a Saint Louis nel 1904, un villaggio negro nella Parigi del 1889.
Eventi simbolo del progresso e delle potenzialità dalla mente umana, una Belle Époque che
tuttavia nascondeva molte ombre. Screziature su quell’oro luccicante che spingono a riflettere su come la storia spesso sia scritta dai vincitori, dai conquistatori, dai ricchi, dagli oligarchi e che nella ricerca, nella documentazione e nello studio si possano coltivare visioni alternative e libere di espandersi in un ritratto a tutto tondo.
Da questa curiosità nascono libri come I lupi dorati, un mix di fantasy e storia, intrattenimento
tanto per i giovani quanto per gli adulti, ma anche riflessione personale di autori che vogliono
parlare del non detto e taciuto.
Qui a prendere la parola sono Séverin, Laila, Tristan, Enrique e Zofia, un gruppo eterogeneo per provenienza e carattere, giovani accumunati dalla necessità di scoprire e ricercare, ognuno a suo modo, la propria verità. Sono i fragili, gli incompresi, i diseredati, quei soggetti in biblico tra la loro interiorità, mutevole e complessa, e la necessità imposta dalla società di trovarsi un posto, di definirsi.
Quando sei chi il mondo si aspetta che tu sia, nessuno ti guarda con troppa attenzione. Se siete arrabbiati, usate la vostra rabbia come un carburante. […] Non dimenticate che una quantità di potere e influenza sufficiente fa sì che nessuno possa togliervi gli occhi di dosso. E a quel punto il resto del mondo non può fare altro che vedervi.
Una squadra che la Chokshi mette insieme volutamente come un patchwork di tessuti e colori
diversi, una trapunta che nonostante tutto dà sicurezza e calore ai suoi membri, regalando loro
l’aspetto di una famiglia. Una famiglia di abili ladri in cerca di manufatti antichi e artefatti, che mi ha ricordato note squadre del grande schermo come quella di Ocean’s Eleven o lo strambo gruppo de La leggenda degli uomini straordinari.
Accanto alla caratterizzazione dei personaggi, il punto forte di questo primo volume, ruota un
world building altrettanto convincente, ambientato nella Parigi del 1889.
Il potente Ordine di Babele, un’istituzione dal sapore massonico, è nato intorno ai Frammenti della Babele d’Occidente, derivati dalla distruzione della torre biblica. L’Ordine deve proteggere questi manufatti antichi e potentissimi e ogni fazione a livello nazionale è incaricata di nasconderne l’ubicazione.
La fazione francese dell’Ordine di Babele è rappresentata da quattro case: la luna crescente di
Casa Nyx, le spine di Casa Kore, l’uroboro di Casa Vanth e la stella a sei punte della Casa Decaduta.
Delle quattro originarie, solo due hanno patriarchi riconosciuti e sono sopravvissute.
Il potere sprigionato dai Frammenti è alla base dell’arte della Forgiatura, una pratica accessibile a pochi e paragonata alla creazione e manipolazione divina. Dove i Frammenti hanno trovato riparo, lì grandi civiltà sono fiorite e si sono distinte grazie a realizzazioni magnifiche.
Ad esercitare il potere della Forgiatura troviamo dei veri e propri artisti, abili nel forgiare opere a partire da medium materiali o mentali. Tristan è un plasmatore di linfa e liquidi vitali presenti nelle piante; Zofia ha una forte affinità con metalli e cristalli. La magia della Forgiatura non è la sola arma segreta che questa squadra di ladri di artefatti possa vantare. Anche Laila, con il suo passato e la sua natura molto particolare, sa scoprire importanti informazioni: il solo tocco di oggetti non forgiati le è sufficiente per carpire i ricordi ad essi collegati.
Tra tutti i personaggi, compreso il carismatico e accattivante Hypnos, Zofia e Séverin restano le anime tormentate con le quali ho trovato affinità. Séverin, per il suo costante ritorno al passato rappresentato dai brevi intermezzi trascritti interamente in corsivo e disseminati ad aprire diversi capitoli della storia. Un’ancora che non riesce a issare per affrontare in modo libero quel viaggio che lo porterebbe verso la sicurezza della terra ferma.
I ricordi lo destabilizzavano. Detestava pensare che potesse essergli sfuggito qualcosa e non
voleva che il tempo deformasse i suoi ricordi perché non poteva essere assolutamente certo di
ricordare tutto senza distorsioni. E aveva bisogno di farlo. Perché solo in quel modo, solo con
un’imparzialità assoluta, poteva scoprire dove aveva sbagliato.
Con Zofia invece ho condiviso quell’impossibilità di capire a fondo gli altri, l’incertezza che nasce dal sentirsi inadeguati e impacciati nel comunicare ciò che proviamo, anche a chi ci sta vicino. Il piccolo mondo stabile e conosciuto, inanimato e guidato da leggi ben chiare e definite come quelle matematiche è per Zofia un conforto irrinunciabile in cui rifugiarsi di fronte a un caos fatto di sentimenti ed emozioni.
La bellezza non le smuoveva niente dentro. La Torre Eiffel però sì. Era meravigliosamente strana.
Se le strade sembravano cucite insieme da una mano precisa, la Tour Eiffel era l’ago sgraziato
che teneva tutto insieme.
Consiglio questa saga?
Se world building e personaggi sono da considerarsi azzeccati, ben tratteggiati e accattivanti, un po’ meno lo è stata la storia, a tratti lenta, prevedibile e poco coinvolgente. Una buona chiusura di questo primo volume fa però ben sperare in qualcosa di più articolato e pronto a stupire e voglio quindi dare fiducia a questo gruppo di giovani e alla loro amicizia, messa alla prova da lupi pronti ad attaccare. C’è chi ritiene che la miglior difesa sia l’attacco, sarà così anche per Séverin e compagni?
I lupi erano dappertutto. Nella politica, sui troni, nei letti. Azzannavano la storia e prosperavano
grazie alle guerre. Non che a Séverin dispiacesse. Solo che, come gli altri lupi, anche lui voleva la sua parte.
-Alessia Bertini