“Il mondo visibile non è più una realtà, il mondo invisibile non è più un sogno”.
William Yeats, scavando fino in fondo al folklore irlandese, scrive Fiabe Irlandesi, e scopre che non c’è niente di più vero di questa massima, e ormai quasi centocinquanta anni fa, decise di raccogliere le storie e i racconti popolari che hanno per protagonisti i membri del “piccolo popolo”, composto da fate, folletti, elfi, gnomi, spiriti, banshee.
Questi esseri fatati rappresentano le radici profonde della storia irlandese e non a caso prendono piede e poi si cristallizzano nel lungo periodo di lotta per l’indipendenza dal dominio inglese, infatti si percepisce più di una punta di orgoglio quando si rammenta che il “piccolo popolo” ha scelto di rimanere, come in una roccaforte in Irlanda, mentre si è ritirato dal suolo inglese, dove ormai nessun uomo, nemmeno in tempi molto antichi, poteva vantare di aver avuto contatti diretti con il popolo fatato.
Sebbene, come ci racconta Yeats, ciascuno in Irlanda possa raccontare una storia di un incontro, personale o di qualcuno di propria conoscenza, o nel proprio albero genealogico, non sempre questi incontri possono dirsi fortunati, o quanto meno piacevoli. Infatti il “piccolo popolo” è conosciuto per la sua imprevedibilità e permalosità, capace di far ripagare un torto, reale o presunto, a tre generazioni di distanza. Ma gli esseri fatati sono anche estremamente generosi con chi reputavano degni della loro amicizia, con chi si dimostrava fedele al mondo magico e della superstizione, a chi osservava le tradizioni e gli offriva ospitalità e simpatia.
In questa carrellata di incontri e scontri l’autore riporta le storie più diffuse e quindi soggette alle flessioni che subiscono le tradizioni popolari che passano di bocca in bocca, ma riporta anche le fiabe sconosciute, attestate da fonti uniche e che solo grazie a lui sono arrivate fino a noi. E in queste storie abbiamo una sirena maschio (non meglio definita poiché il nome in antico irlandese è declinato solo al femminile) che conserva in gabbie le anime dei marinai defunti, ci sono poi gli spiritelli che costringono le persone ad obbedire ai loro capricci, anche se si tratta di seppellire cadaveri dall’altra parte della contea, oppure folletti che reclutano stallieri tra il popolo irlandese, e ancora banshee che annunciano con i loro lamenti nefasti la morte di un membro di una delle famiglie più illustri.
Sono protagonisti di queste storie, al pari del popolo fatato, gli esseri umani, le persone comuni che si trovano per caso, per fortuna, o per cattiva sorte, che dir si voglia, sulle strade di un essere dotato di magia; le vite di questi uomini e di queste donne prendono svolte, che possono essere durature o temporanee, ma alcuni sono pronti a giurare che senza questo gnomo o quel folletto non avrebbe incontrato la propria sposa, o che ha avuto salva la vita per l’avvertimento di una fata, o che quei gesti immondi gli ha compiti solamente perché sotto l’incanto di un demone maligno.
Che si voglia credere o meno ad un’epoca in cui fatato e umano convivevano su questa terra, non si può non riconoscere a Yeats il nome di grande maestro, che con cura e pazienza ha catalogato e registrato le tradizioni di un popolo, facendogli il regalo più grande che un popolo possa desiderare: delle radici da tramandare, delle storie da raccontare nelle giornate di pioggia, un terreno comune che ancora oggi affascina e fa desiderare a persone di tutto il mondo di visitare quelle terre per poter respirare un po’ di magia.
Gaia Pulcinelli
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