I mille volti del male – Il Signore delle Mosche di William Golding
Dolcetto o scherzetto?
Hanno suonato alla porta in questa notte di Halloween, ma se vi aspettate di trovare davanti al vostro ingresso qualche bambino vestito da scheletro o da conte Dracula, rimarrete delusi.
Quelli in piedi di fronte a voi sono dei ragazzi inglesi, dei superstiti scampati a un disastro aereo avvenuto durante un conflitto nucleare. Hanno il viso dipinto come i guerrieri di antiche tribù e stanno cercano di sopravvivere su un’isola deserta, in attesa che qualche adulto venga in loro soccorso.
A colpirvi non è però il viso sporco o l’abbigliamento lacero, ma quella scintilla strana nello sguardo.
Solo il Male puro, quello che avviluppa l’anima e nasce dalle viscere, dona quel bagliore di sfida e di compiacimento a uno sguardo, spogliandolo di ogni innocenza. E allora capite di essere nei guai, perché si tratta di quel Male che non puoi sterminare con un paletto di frassino in mezzo al cuore o con un proiettile di argento.
Il Signore delle Mosche che prende forma e si sparge come un’epidemia nelle menti dei giovani di Golding è colui che corrompe, degrada e conduce a putrescenza la carne corruttibile delle creature viventi: Satana. In un’accezione prettamente concettuale e contrapposta al Bene. Niente Dio e angeli caduti, solo un homo homini lupus che dà avvio al processo di autodistruzione proprio nel momento in cui cerca di vivere in comunità, o peggio ancora, tenta di strutturare una società. Per dirla con le parole dell’insegnante britannico: “Gli uomini producono il male come le api producono il miele”.
Quello che Golding ci mette sotto gli occhi è una sorta di esperimento sociale impiegato per illustrare la sua tesi, formalizzato in un romanzo dal forte sottotesto filosofico e sociologico, assimilabile ai più conosciuti 1984 e La fattoria degli animali.
Ogni barlume di coscienza e buonsenso presente nei ragazzi nelle prime fasi successive all’atterraggio, viene abbattuto dalla natura egoista dell’uomo. Cooperazione e supporto si tramutano in sopruso e sfruttamento. La divisione dei compiti diviene un facile pretesto per legittimare la stratificazione e la ghettizzazione dei deboli e degli indifesi, lontano dai dominatori. Il fragile simbolo di democrazia, la conchiglia il cui suono richiama all’adunata e all’ascolto la popolazione dell’isola, inizia a passare di mano in mano velocemente, con sempre più avidità, prima trafugata e infine distrutta.
[…] c’era soprattutto, oscuro ma potente, il fascino della conchiglia. Chi l’aveva fatta suonare, chi li aveva aspettati sulla piattaforma con quella cosa fragile sulle ginocchia, era diverso dagli altri.
L’alimentazione del fuoco di segnalazione in cima alla montagna, identificata inizialmente come attività prioritaria, viene ben presto boicottata e abbandonata. Ed ecco che l’unica fonte di luce, simbolo di una razionalità che va mantenuta e alimentata con impegno, viene surclassata da un buio ricolmo di incertezza e irrazionalità in cui la ragione si assopisce generando mostri.
Bestie nascoste nella giungla, a cui tributare in sacrificio macabri doni.
Come la testa di una scrofa, ricoperta di mosche e infilzata su un bastone.
Che fissa i suoi occhi nell’anima debole, parla con voce suadente, si nasconde e si traveste.
Alla fine Simone cedette e riaprì gli occhi: vide i denti bianchi, gli occhi velati, il sangue… e restò affascinato, riconoscendo qualcosa di antico, di inevitabile. Sulla tempia destra di Simone, una vena cominciò a pulsare, sul cervello.
Inevitabile.
Nel pensiero di Golding è chiaro come il male sia una condanna scritta nel genoma, prima o poi concretizzato autonomamente anche nei soggetti che la società identifica come più puri e innocenti: i bambini. Bambini lasciati liberi di gestirsi ma incapaci di affrancarsi dalla scia distruttrice tramandata dai genitori (ricordiamoci che siamo di fronte a un conflitto nucleare, in un futuro indefinito temporalmente ma dalla forte connotazione distopica).
Dopo aver lasciato qualche caramella e un paio di lecca-lecca, siete convinti di aver appagato queste anime irrequiete ma nel chiudere la porta vi arriva alle orecchie una cantilena intonata a bassa voce che sembra proprio dire…
Prendetelo! Ammazzatelo! Scannatelo!