Da studentessa è appassionata di arte non potevo esimermi dal vedere L’ombra di Caravaggio.
Quello che però sicuramente mi ha stupito è l’interpretazione di Riccardo Scamarcio. Ma andiamo per gradi.
L’ombra di Caravaggio è una co-produzione italo-francese siglata da Goldenart Production con Rai Cinema e per la Francia Charlot, Le Pacte e Mact Production porta al cinema la complessa esistenza di Michelangelo Merisi (interpretato da Riccardo Scamarcio) con Michele Placido a firmare il suo quattordicesimo film da regista, Sandro Petraglia, Fidel Signorile e lo stesso Placido alla sceneggiatura.
Tutti conosciamo la storia di Caravaggio, o almeno, quello si impara a scuola. Ma non è quello che porta in scena Placido: il suo Caravaggio è ribelle e inquieto, devoto e scandaloso, indipendente e trasgressivo.
Siamo in un periodo in cui la chiesa è controriformista e richiede statue, cupole e dipinti per celebrare la propria opulenza, ma Caravaggio non è dello stesso avviso. Al pari di un regista neorealista ante litteram, vicino all’ala pauperista della chiesa, l’artista cerca invece un ritorno ai valori evangelici.
Lo trova in Filippo Neri e nelle donne della sua vita, nella marchesa Costanza Colonna (Isabelle Huppert), molto più di un’amica, in Lena (Micaela Ramazzotti), una delle prostitute più famose di Roma, rappresentata spesso come Maria, la madre di Gesù, e poi in Annina, il volto di uno dei suoi più grandi capolavori, La morte della Vergine, oggi al Museo del Louvre di Parigi, “la morte più viva che sia mai stata dipinta”.
Caravaggio vede nelle persone che soffrono, nella quotidianità – che non sono marchese e Papi – il Vangelo. Vede in un barbone Pietro il Pescatore.
Sebbene Caravaggio avverta il Vangelo nel cuore, non riesce a far pace con sé stesso e quindi lotta, spesso perdendo, finendo con prostitute e in taverne, fino a quando, però, l’alcool e la voglia di far rissa lo condurranno a uccidere il Ranuccio, il tuo eterno rivale.
A quel punto il Papa, sebbene sia innamorato della sua arte, lo condanna a morte e Caravaggio non resta che scappare da Roma e trovare rifugio a Napoli dalla Marchesa Costanza.
Nel frattempo, il Papa si rivolge a una sorta di inquisitore che ha il compito di indagare sul suo passato e di mettersi in contatto con le persone a lui più vicine, in particolare, a coloro che lo proteggono: in primis la marchesa Costanza Colonna e il nipote del Papa, Scipione Borghese.
Michele Placido utilizza l’escamotage dell’indagine per ripercorrere gli episodi salienti della vita di Michelangelo Merisi e per mostrare il modo in cui gli incontri fatti dall’artista siano riflessi nella sua opera.
Nel film la parola chiave è teatralità. Il Placido è uomo di teatro non poteva rinunciarvi ed è per questo che le scene sono concepite con un certo tipo di luce, perché qui, come dipinti, i chiaroscuri, le scene luminose e quelle in penombra, acquistano significato. Un significato preciso, che rispecchia l’animo di Caravaggio.
Riccardo Scamarcio… mi sembra di sentirvi: Compagni di scuola, Tre metri sopra il cielo…
No, io qui rispondo: Romanzo criminale, Mine Vaganti. Riccardo Scamarcio dimostra di avere una profondità, un’espressività intensa.
Non si tratta di un’opera d’arte o un capolavoro, ma è un film che funziona ed è parecchio interessante, senza contare che è un film sull’arte realizzato al meglio delle sue possibilità.
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