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Artia di Camelot di Cecilia Randall, un “retelling” al femminile della leggenda di Re Artù

Artia di Camelot è il nuovo romanzo di Cecilia Randall edito Giunti editore, un fantasy young adult che rilegge la leggenda di Re Artù in chiave femminile.
Ma sarà davvero così?

La trama

La protagonista, la sedicenne Artia, ha perso i genitori e non vuole accettare di sposare un uomo che potrebbe essere suo nonno, come vorrebbe lo zio al quale è stata affidata. Non vuole dover sacrificare la propria vita come pedina in giochi di alleanze o come fattrice, come tutte le donne sembrano destinate a fare. Per questo si veste da ragazzo e fugge, cercando di ricongiungersi a Cedric, il ragazzo che le piace dal quale l’hanno allontanata.
Qui inizia la sua avventura che la porterà a rischiare la vita, a confrontarsi con la magia e a scoprire per caso una misteriosa spada incastonata in una roccia che cambierà la sua vita.

Lo stile

La scrittura di Artia di Camelot è scorrevole e avvincente, come tipico dell’autrice. La sua capacità narrativa è sempre notevole e in questo caso si sente particolarmente l’impronta young, rispetto ad altri suoi lavori come Hyperversum (almeno la prima trilogia) o Millennio di fuoco, che raccontavano storie sicuramente più adulte.

Artia di Camelot

Come detto all’inizio, Artia di Camelot è un fantasy young adult, dove la crescita della protagonista è l’elemento principale insieme al suo desiderio di affrancarsi da una vita in trappola per ricercare la libertà.
È un libro che si può definire femminista, con una protagonista coraggiosa e caparbia quanto e a volte anche più di un uomo. La sua è la voce di qualunque donna che desidera decidere da sé del proprio destino, anche se spesso ostacolata da un mondo maschilista e patriarcale.
Ho apprezzato molto il finale, perché fa rivalutare praticamente tutto quello che si è letto fino a quel momento o comunque interpretarlo in maniera diversa.
E ho apprezzato anche che l’autrice abbia in un certo senso esplicitato come la pensa su temi queer.
Non si tratta di un libro queer, assolutamente, però c’è qualcosa che dice un personaggio a un certo punto che secondo me fa capire l’opinione dell’autrice in merito. Sì, spesso l’autore e l’opera sono cose ben diverse e da distinguere, ma per il modo in cui la cosa è messa giù sono piuttosto convinta di non sbagliarmi.
La sola cosa che ho apprezzato poco, ma per semplice gusto personale, è la scelta della narrazione in prima persona al presente, che tra l’altro è il primo caso nei libri dell’autrice, sempre narrati in terza persona al passato. Ha senso perché è uno young adult, ci sta, però in linea generale è un tipo di narrazione che non mi fa impazzire. Anche perché ciò ha favorito un punto di vista concentrato esclusivamente su Artia, a mio parere togliendo qualcosa agli altri personaggi.
Concludendo, un bel libro fantasy young adult, da non perdere soprattutto se siete affascinati dalle avventure di Re Artù, Merlino e compagnia.

– Viky

thenerd

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