Editoriali

Editoriale di Luglio: come nasce Tolkien?

Tolkien, un cognome che non ha bisogno di presentazione. Ma quanto lo conosciamo davvero? Cosa si nasconde dietro la grande figura del professore di Oxford? Molti dei tolkeniani si sono avvicinati alla sua figura grazie alla trilogia di Peter Jackson. Un capolavoro cinematografico che ha fatto la storia la cinema, ma che scalfisce solamente la superficie del fantastico mondo creato da Tolkien.

Un mondo che è stato costruito in anni di ricerche, notti insonni, avventure personali, una vita travagliata e dalla guerra. Ma da cosa è nato davvero il mondo Arda? Molti di voi magari avranno visto il film su Tolkien, se non l’avete fatto recuperatelo, in questa pellicola viene fatto intendere che tutto il patrimonio fantasy costruito deriva dall’amore per le lingue, in particolare per le lingue antiche e per la passione di creare delle lingue artificiali basate su idiomi morti e sconosciuti ai più.

Partiamo con ordine.

Biografia

John Ronald Reuel Tolkien nacque il 3/1/1892 in Sudafrica, da Arthur Reuel Tolkien e da Mabel, entrambi inglesi e originari di Birmingham. Con la madre e il fratello tornò in Inghilterra nel 1896 nei pressi della città natale dei suoi genitori. Il padre non riuscì mai a rientrare in patria a causa di una febbre reumatica e morì nello stesso anno. Mabel fu costretta ad allevare i figli da sola, a loro trasmise la sua passione per i racconti e le lingue antiche, si dimostrò una madre attenta all’educazione dei figli iscrivendo Tolkien alla scuola  King Edwards, dove vinse una borsa di studio che gli permise di pagarsi gli studi.
Nel 1904 la madre morì e i due fratelli vennero affidati a padre Francis Xavier Morgan.
Questa fu una figura fondamentale per la crescita dei fratelli Tolkien, in particolare per il nostro professore.
Negli anni dell’adolescenza lo studio degli idiomi e l’invenzione di essi sbocciò, questo grazie alle sue esperienze con il circolo del TCBS. Un’associazione di 4 ragazzi uniti da più di una semplice amicizia, ma da una vera e propria alleanza, il cui scopo era cambiare il mondo con la cultura.

Verso i diciotto anni s’innamorò di Edith Bratt, tuttavia il suo tutore legale Morgan vide questa figura come una distrazione per gli studi e gli impedì di frequentarla fino al raggiungimento dei ventuno anni.
Tolkien si lanciò sugli studi linguistici e filologici, fino a quanto non scoppiò la guerra nel 1916, prima di arruolarsi riuscì a sposare Edith. Tornato in patria nel 1917 ebbe il primo figlio.
Terminò gli studi nel 1919 e consegui il titolo di Master of Arts, nel 1921 ottenne la prima cattedra di lettere. Lo stesso anno conobbe C.S. Lewis, autore delle Cronache di Narnia; con il quale fondò il circolo degli Inklings. Nacque anche Christopher, al quale dobbiamo dire grazie per tutto il materiale che abbiamo ottenuto.
Nel 1937 venne pubblicato Lo Hobbit, questa fu la sua prima opera narrativa. La sua pubblicazione tuttavia era frutto di anni di ricerca e lavoro, infatti l’universo Arda era in elaborazione nella mente di Tolkien fin dal 1917, in particolare ebbe un forte sviluppo tra gli anni 20 e 30.
Sicuramente la sua opera più famosa è la trilogia del Signore degli Anelli, non me ne vogliano i fan del Silmarilion, ma bisogna riconoscere che quest’opera ha radicalmente cambiato il mondo della letteratura fantasy.  La Compagnia dell’Anello venne pubblicata nel 1954, Le Due Torri e Il Ritorno del Re 1955. Per avere una prima opera riunita in un solo volume dovremo aspetta fino all’anno successivo, ovvero il 1956.
Nel 1945 divenne professore di filologia anglosassone  gli venne affidata la cattedra di lingua inglese e letteratura medioevale finché non decise di ritirarsi dalla vita scolastica nel 1959.
J.R.R. Tolkien decise  trascorse gli ultimi anni della sua vita a Bournemouth, dove mori il 2/10/1973, un anno dopo la morte di Edith. Si fece seppellire insieme e sulle loro lapidi vennero scolpiti i nomi di: Luthien e Beren.

Come è nato tutto questo?

Come già detto in precedenza Tolkien fu un grande appassionato di lingue, forse anche qualcosa di più. Ne era talmente incantato da costruire tutto il mondo di Arda intorno a esse. Infatti lo stesso nome Arda non è casuale e ha dei rimandi linguistici sia dall’inglese sia dal tedesco.

Furono molte le culture che influenzarono Tolkien, come: Beowulf, l’anello del Nibelungo, Sir Gawain and the green Knight, le saghe nordiche Volsunga e Kalevala e l’Edda. Da quest’ultima ad esempio ha preso tutti i nomi dei nani presenti nello Hobbit, la lunga lista che leggeva Bilbo Baggins aveva lo stesso ordine con l’unica eccezione di Gandalf. Quest’ultimo, nonostante sia stato presentato come un nome nanico, in norreno voleva dire elfo incantatore. Ancora una volta l’amore per gli idiomi prevalse e il nome di Gandalf venne affidato allo stregone protagonista delle sue storie.

Trovare altri richiami alle fonti sopracitate è davvero semplice, ancora una volta l’ambientazione ci è amica e ci da suggerimenti nascosti e ben visibili allo stesso tempo. Oltre all’anello del Nibelungo, dove si ambientano le vicende di Tolkien? Nella Terra di Mezzo, in inglese Middle Earth, qui è chiaro il richiamo norreno Midgard ovvero il regno di mezzo.

Nell’introduzione ho parlato delle lingue artificiale, è semplice capire di cosa si tratti, ma non bisogna pensare che gli idiomi creati dal nostro Professore sono completi sotto ogni aspetto: fonetico, sintattico e lessicale.  La creazione del linguaggio per Tolkien era una vera e propria forma di libertà, un avvicinarsi alla verità primaria  e poterla toccare, ma bisognava stare attenti poiché ad ogni parola andava affidato un significato che si rispecchiasse sia foneticamente sia strutturalmente. Solo con l’armonia tra fono e significato una parola poteva definirsi adatta al mondo di Arda.
Tolkien era in grado di creare idiomi così complessi artificiali grazie alla sua profonda conoscenza delle lingue antiche come: il latino, il gotico, il greco e il finnico. Non solo, la sua conoscenza linguistica si spingeva anche nelle lingue a lui contemporanee come: lo spagnolo, il francese e l’italiano. Sulla nostra lingua Tolkien ha una vera e propria passione e non mancherà di sfruttarla.

Quenya

Il linguaggio più rinomato e conosciuto è il Quenya, questo è l’idioma più nobile e antico di tutta la Terra di Mezzo. Da dove derivi la scelta di questo nome non è chiaro, infatti ci sono due scuole di pensiero.

Il Quenya è lingua è fortemente ispirata al finlandese come struttura, ma come fonetica prende ispirazione dalle lingue romanze e neolatine, in particolare l’italiano. Il sistema vocalico del Quenya è molto simile al nostro, infatti è formato da: 5 vocali brevi e 5 lunghe. Per il sistema delle consonanti possiamo suddividerle in: sei fonemi occlusivi, sei fricativi, tre nasali, un laterale e un vibrante.
Per la posizione dell’accento le cose sono leggermente più difficili, la posizione dell’accetto nella parole a due sillabe cade sulla prima sillaba. Nella parole a 3 o più sillabe cade sulla penultima o sulla terzultima, cadrà sul primo caso se l’ultima sillaba presenta una vocale breve seguita da consonante.
Mi scuseranno i lettori che non hanno dimestichezza con lo studio delle lingue, in tal caso vi lascio qui un link che spiega in maniera molto semplice come parlare le lingue tolkeniane.

Questa antica lingua vista come il latino, una lingua antica che pone le basi per altre lingue, le quali si sono sviluppate ed evolute mischiandosi ad altri idiomi già presenti. In questo caso possiamo utilizzare una struttura ad albero che pone come tronco il Quenya e che nei rami trovano posto tutte le altre lingue come: Valarin, Sindarin, Noldorin, Lindarin, Telerin, Ilkorin, Doriathrin, Falathrin ed Eldarin.

Le lingue di Tolkien non nascevano perfette, ma si evolvevano nella mente del professore quanto nella sua terra, allo stesso modo come accade alle lingue del nostro mondo. Una lingua è viva solo se è parlata, anche se da personaggi di finzione o da appassionati di genere, il Quenya ha avuto lo stesso effetto. Ancora oggi abbiamo appassionati e studiosi che riescono a parlare correttamente questa lingua, anche se bisogna ammettere che sia diversa sotto alcuni aspetti e venga utilizzata per scopi differenti. Anche qui la storia della lingua Latina ci viene in soccorso, come vi erano diversi tipi di latino ci sono diversi tipi di Quenya:

Proto- Quenya: utilizzato solamente nel linguaggio orale antico.
Quenya antico o della Prima Era: utilizzato per le prime produzioni scritte.
Quenya classico: pensato per le composizioni poetiche e religiose.
Quenya medio: un idioma transizione.
Quenya della Terza Era: parlato anche oggi dagli appassionati di genere.

Le scritture e le parole che troviamo nella trilogia del Signore degli Anelli e nello Hobbit  (possiamo dire nella Terza Era) derivano dal ramo linguistico del Eldarin, gli alfabeti in uso erano principalmente di due: Il Tengwar e il Cirth.
Il primo era pensato per la scrittura con la penna, o pennello, mentre il secondo per le incisioni. Quest’ultimo è ispirato nell’aspetto all’alfabeto runico, ma il loro suono è completamente diverso.

Le lettere del Cirth vennero utilizzate soprattutto per brevi iscrizioni su legno o su pietra, diversi popoli conoscono questo alfabeto, tuttavia l’unico popolo che ancora oggi lo utilizza come alfabeto primario sono i Nani, tanto che prende anche il nome di Angerthas Moria ( vi è anche una variante dei popoli nanici originari di Erebor).


Bisogna specificare che chiamare questo insieme di lettere alfabeto è errato, poiché non iniziano con Alfa e Beta, ma con altre lettere poste con un ordine tradizionale e non logico.

Che lingua si parla oggi?

La lingua parlata nella trilogia è l’Ovestron o lingua corrente (come il Comune per i giocatori di Ruolo), parlata tutte le popolazioni parlanti e viene considerato il loro idioma primario.
I popoli della Terra di Mezzo parlano un linguaggio a loro consono, una lingua che si adatta e si evolve con la società che rappresenta come se l’evoluzione della razza stessa fosse collegata all’evoluzione dell’idioma. Partire da una parola per creare una mitologia coerente con il popolo, quest’ultimo era per Tolkien uno strumento per sviluppare i suoi idiomi artificiali.

Elfi: quelli presenti nella trilogia parlano quasi esclusivamente il Sindarin (o Grigio Elfico), tuttavia usano il Quenya in canti o occasioni importanti.

Uomini: Parlano la lingua Oveston, alcuni Dúnedain sanno parlare alcune lingue elfiche. I più colti sono in grado di usare l’alto elfico ed è usanza battezzare con nomi Quenya luoghi e persone importanti, come Isildur.

Gli Hobbit: Parlano la lingua corrente, tuttavia sembra che avessero un antico linguaggio oggi perduto. Questi rappresentano gli inglesi di campagna, luogo che Tolkien ha vissuto per molti anni e che porta nel cuore. Lui stesso si definirà un Hobbit.

Gli Ent: sono le creature più antiche di tutta la Terra di Mezzo, oltre a conoscere e apprendere velocemente molte lingue, svilupparono un linguaggio tutto loro solo per il desiderio di parlare. Abbiamo una testimonianza di tale idioma anche nella Trilogia di Peter Jackson.

Gli orchi: parlano la lingua nera, imposta dall’oscuro signore Sauron che voleva sottomette non solo militarmente, ma anche linguisticamente la Terra di Mezzo. Questa lingua era molto complessa agli albori, ma oggi non è più come all’epoca poiché è usanza degli orchi assimilare e storpiare vocaboli da altri popoli.

I Nani: su di loro abbiamo già discusso, utilizzano il linguaggio nanico (Khuzdul) di cui abbiamo solo una testimonianza della trilogia, ovvero il grido di battaglia usato durante l’assalto al Trombatorrione:

«Baruk Khazad! Khazad aimenu

«Asce dei Nani! I Nani vi assaltano!»

 

La numerologia in Tolkien

Una piccola parentesi vorrei farla sulla numerologia tolkeniana, non preoccupati anche se vi ho fatto ubriacare di alfabeti e fonemi, qui non vi toccherà sopportare una tediosa lezione sui numeri, ma solo una piccola parentesi. Conosciamo tutti la famosissima poesia sugli anelli, giusto?

«Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle lor rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l’Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,
Nella Terra di Mordor, dove l’Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella Terra di Mordor, dove l’Ombra cupa scende.»

Gli elfi sono le creature che più si avvicinano alla concezione dell’angelo, non è un caso che a loro furono dati tre anelli, questo numero che rappresenta la trinità e serve per scacciare l’oscurità.
Se al tre aggiungessimo il numero della materia, ovvero il quattro, otteniamo il numero 7 come gli anelli dati per i signori dei Nani.
Sette è anche il numero che rappresenta Minerva e la sapienza, l’ennesimo richiamo per l’amore verso i classici da parte di Tolkien.
Nove invece sono gli anelli dati per gli uomini, questo numero rappresenta la redenzione, anche nel mondo dantesco, e viene dato proprio a coloro che sono i primi cadere nelle grinfie dell’unico e a coloro che avranno l’onere di risollevare le sorti della Terra di Mezzo.

Scrivere questo editoriale è stato davvero difficile, ma non mi divertivo così tanto da parecchio tempo. Mi scuso se è stato anomalo rispetto alla nostra quotidianità, ma esplorare parte di questo mondo così nascosto, e allo stesso tempo evidente, ha sollecitato una curiosità infinita che intendo sfamare con bramosia.

Se vi interessano altri articoli su Tolkien potete trovarli qui e qui

Alla prossima, il vostro Nabbo!

Il Nabbo della porta accanto!

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