Ci sono state moltissime voci – di critici e di chi si improvvisava tale – che hanno parlato e giudicato questo film, senza in effetti comprenderlo fino in fondo.
Basti pensare il voto su Rotten Tomatoes: un giudizio che si poteva ben prevedere, no?
Ma perché Don’t Look Up non ha riscosso il successo che si meritava, nonostante sia al terzo posto su Netflix da settimane, perché?
Una coppia di astronomi si accorge dell’esistenza di una cometa in rotta di collisione con la Terra. I due scienziati cercano di avvertire tutti sulla Terra che la cometa distruggerà il pianeta in sei mesi.
Questa è la trama di Don’t Look Up in poche righe, ma c’è molto di più. Leonardo di Caprio e Jennifer Lawrence sono coloro che scoprono questa cometa e cominciano a calcolare tra quanto tempo impatterà la terra. Nonostante i loro spassionati tentativi di far sapere alla popolazione del pericolo che stanno correndo, il governo americano e in particolare il Presidente degli Stati Uniti, interpretato magistralmente da Meryl Streep, vogliano mettere a tacere tutto per evitare l’isteria di massa.
«Sapete quante riunioni sulla fine del mondo abbiamo fatto? Crisi economica, armi nucleari, intelligenza artificiale ostile, inquinamento atmosferico, siccità, carestie, epidemie, crescita demografica, buco nell’ozono…»
Il Governo e la Nasa, nonostante abbiano confermato i loro calcoli, trattano i due scienziati come cialtroni – e perciò, ai due, non gli resta che rivolgersi a un giornale: il New York Herald, a evocare il New York Times che l’ha presa con autoironia: nella recensione ha citato «un quotidiano newyorkese celebre per la testata in caratteri gotici». Ma i giornalisti, affiancati dagli esperti di algoritmi, si disinteressano di una storia che attira pochi clic; anche a causa della disastrosa performance dei due scienziati al talk del mattino, dominato dalla riconciliazione tra una coppia di influencer, un dj e una cantante impegnata nella difesa dei lamantini (Ariana Grande, di fatto nella parte di se stessa).
Don’t Look Up non è un film per tutti, perché appunto mette “nero su schermo” tutto quello che sta succedendo nel nostro paese – e nel mondo.
Siamo in un mondo in cui non si sa come usare i social e l’unica cosa che si può fare è credere a fake news, metterle in giro, fare complottismo – di cui ne abbiamo la prova, grazie alla pandemia.
La presidente Janie Orlean è una sorta di Donald Trump donna. Viene dal business e dallo spettacolo. È di una superficialità disastrosa, però ha il polso del pubblico, possiede il senso del Paese. Si tratta di una repubblicana, ma alla fine è importante saperlo ai fini della trama? No, perché quello che conta sono i comportamenti, le frasi, le decisioni. La Rete e i social non hanno solo banalizzato la politica, hanno rubato l’anima all’informazione. La credibilità all’informazione.
E diciamolo, anche un po’ l’interesse per l’informazione.
Tanto l’allarme o la preoccupazione, o la sicurezza, o l’attenzione, lo sappiamo: sono da radical chic.
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